Dicono che internet regali l’immortalità. Sarebbe davvero bello. Di solito perpetua le cose peggiori, condannando chi è bersaglio di cattiverie all’ergastolo della perenne presenza online di contenuti offensivi e lesivi di diritti e persino della stessa dignità umana.
A volte, però, è naturale lottare per scongiurare la rimozione di pagine e file perché non sempre la Rete conserva brutte cose, ma ben più sovente è lo scrigno di persone, storie e cose che non possono e non devono essere dimenticate. In mezzo alle cose da salvare vorrei ci fossero i podcast di una conduttrice radiofonica che avrei piacere rimanesse indimenticabile non solo per le persone che le hanno voluto bene.
Il 23 giugno se ne è andata in punta di piedi Simonetta Zauli, dolcissima voce di Radio 1 Rai, strappata alla vita e ai suoi cari da una malattia che – come spesso accade – non ha avuto pietà di una persona buona. Era stata una delle conduttrici di Baobab, lo storico magazine pomeridiano di informazione della rete ammiraglia della radiofonia italiana. Aveva il compito di alleggerire la serrata sequenza di notizie e approfondimenti che caratterizzavano quel programma. Lo faceva, introducendo quelle pause musicali che permettevano agli ascoltatori di prendere fiato e di riflettere sulle cose appena dette. Lo faceva con un garbo straordinario, partner e non gregario del o della giornalista cui competevano narrazione e commento dei fatti di cronaca.
La sua morbidezza d’animo la trasferiva nelle descrizioni e nelle chiacchierate con i personaggi dello spettacolo con cui ha intrecciato tanti piacevoli discorsi andati in onda sulle frequenze di Radio 1. L’ultima volta che l’ho vista è capitato a Saxa Rubra. Passavo dinanzi al suo ufficio e mi sono fermato un attimo per salutare lei e la sua collega Barbara. Le dissi di perorare la mia “causa” con il marito, cui avevo dato involontariamente una serie di “buche” nel corso di un progetto per un programma televisivo. Lei mi rispose con il suo solito sorriso “Non preoccuparti, adesso Mauro è preso dal Festival di Sanremo.Vi sentirete dopo, vedrai”.
Quel “dopo” è stato come la chiamata in Vietnam del protagonista della canzone di Mauro, il cantautore Mauro Lusini che ha musicato “C’era un ragazzo che come me”. La battaglia contro il male e il dolore non ha dato occasione di ricucire il rapporto ma soprattutto non ci ha restituito Simonetta. Si è drammaticamente avverato il terribile presagio che Barbara aveva scongiurato con tutte le sue forze, non è bastato il “vedrai che ce la farà” di Maria Teresa, vicina di corridoio e coppia con Simonetta a Baobab, non hanno funzionato le preghiere che amiche e amici hanno rivolto al cielo sperando nel miracolo.
Il vuoto incolmabile trova solo un impalpabile attrito nella registrazione delle trasmissioni di Simonetta, nel podcast che – chiusi gli occhi – ci regala la gradevole illusione che lei sia ancora con noi. Il suo ultimo lavoro è stato “I luoghi del cuore”. Lasciava immaginare mete di grande serenità, lunghi viaggi nello spazio e nel tempo, certo non quello che lei avrebbe intrapreso. Il programma lo continuerà da lassù e non avremo bisogno di accendere la radio per ascoltarla.
La sua voce, come sempre, arriverà nel più profondo del nostro cuore. Stavolta direttamente, senza bisogno di sintonizzarci perché un pezzo di lei è rimasto dentro di noi.