di Paolo Galletti

Altro giro elettorale, altra batosta. Ormai quella che tanti beneficiati continuano a definire “la migliore risorsa della politica italiana” va passando di sconfitta in sconfitta come Napoleone dopo l’Isola d’Elba. Lo seguono ormai sempre in meno, l’affluenza elettorale crolla anche di più di quanto non faccia il Pd nelle sue mani, che ammaina la bandiera in città storicamente rosse. In tre anni è riuscito a perdere 5 dei 10 capoluoghi della Toscana (Livorno e Carrara al M5S, Arezzo, Grosseto e ora Pistoia al centrodestra): una impresa di non poco conto in una terra che da sempre era feudo del centrosinistra.

Quel che colpisce ancora un volta è l’incapacità di fare autocritica (nemmeno “a macchia di leopardo” per dirla con le sue parole) e la caparbietà con la quale si vuol proseguire e perseguire la strada della distruzione di quell’area politica che per tanti decenni è stata il riferimento sociale e culturale di tanta parte d’Italia. Probabilmente ha ragione Peter Gomez quando scrive che alla fine allo statista di Rignano va bene così: lui di sinistra non è mai stato se non per mera convenienza territoriale (fosse nato in Brianza lo avremmo visto brillare alla corte di Arcore) e l’umiliazione costante alla quale sta sottoponendo il partito del quale, da segretario, dovrebbe rappresentare l’animo e gli umori, gli offrirà l’occasione (verrebbe da dire, per onomatopea, “il destro”) di convergere verso l’intesa con la parte moderata del centrodestra, verso la resurrezione di un consociativismo di stile democristiano ma privo di qualunque afflato ideale.

Il riferimento del giovane Matteo e dei suoi corifei non è altro che la gestione del potere in quanto tale, possibilmente in prima persona o attraverso telecomandati replicanti. Di questo la gente si è accorta e si è stufata anche a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia. Non c’è un vento di destra che trascina il paese, c’è un astensionismo di sinistra sempre più forte, sempre più scoraggiato, sempre meno partecipe perché tradito e bestemmiato da un gruppo dirigente di arrivisti superficiali e da un’opposizione interna stantia e incapace di tornare sulla terra, a confrontarsi con i problemi reali senza il filtro di decenni di privilegi.

La deriva è sempre più forte e sempre più deprimente, ma lasciare il paese in mano alla strana coppia che si intravede all’orizzonte sarebbe fatale.

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