È stato presentato oggi alla Camera dei Deputati l’ottavo Libro bianco sulle droghe – scaricabile sul sito Fuoriluogo.it – promosso dalla Onlus La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, Cnca e Associazione Luca Coscioni e con l’adesione di Cgil, Comunità di San Benedetto al Porto, Gruppo Abele, Itaca, Itardd, LegaCoopSociali, Lila.

All’inizio del 2014 la Corte Costituzionale ha fatto cadere la legge cosiddetta Fini-Giovanardi sulle sostanze stupefacenti, di impianto estremamente repressivo e da noi criticata fin dalla sua entrata in vigore nel febbraio del 2006. Seppure la Consulta basò la sua decisione su vizi procedurali che avevano accompagnato l’approvazione della legge, la sentenza avrebbe potuto costituire una buona occasione di discussione e confronto pubblico su un tema rispetto al quale l’intero pianeta si va oggi interrogando. È chiaro a tutti, infatti, che la war on drugs lanciata dal presidente americano Richard Nixon nel 1971 ha mietuto vittime per quasi mezzo secolo, mentre mostrava al mondo il proprio fallimento. Invece no. Invece niente altro è accaduto se non il parziale ritorno in vigore della normativa precedente, il Testo unico Jervolino-Vassalli che condivide l’impianto repressivo nel trattamento delle tossicodipendenze.

Gli Stati Uniti d’America stanno cambiando passo su questi temi. Nel novembre dello scorso anno per via referendaria ben otto Stati hanno legalizzato possesso e uso della marijuana – quattro di essi anche per scopi ricreativi e non solo terapeutici – unendosi così a Colorado, Oregon, Washington, Alaska e Washington D.C. che già erano andati nella stessa direzione. La California è un colosso dove adesso la cosiddetta “droga leggera” è consentita a uso ricreativo. In Italia, invece, la proposta di legge dell’intergruppo parlamentare per la cannabis legale è a un binario morto.

La bocciatura della Fini-Giovanardi da parte della Consulta è stata un’occasione persa. E le conseguenze si vedono. Eccome. Nel Libro Bianco leggiamo che alla fine del 2016 il 32,52% del totale della popolazione reclusa era in carcere con accuse o condanne legate all’art. 73 del Testo unico sulle droghe, che punisce produzione, traffico e detenzione. Se aggiungiamo la percentuale di coloro che sono reclusi per violazione dell’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), scopriamo che il 43,26% dei detenuti in Italia è in carcere per violazione della legge sulle sostanze stupefacenti, una percentuale nuovamente in crescita. A farla crescere non è tuttavia la repressione dei grandi consorzi criminali bensì l’incarcerazione di massa dei “pesci piccoli” della tossicodipendenza. Sempre al 31 dicembre del 2016, il 25,9% del totale dei detenuti aveva una dipendenza da sostanze. Nel corso dell’anno si è toccato il massimo numero di ingressi di tossicodipendenti in carcere degli ultimi 12 anni, ben il 33,95% del totale delle persone che hanno varcato i cancelli della galera.

Se diamo uno sguardo adesso alle segnalazioni e alle sanzioni amministrative per il consumo di droghe, vediamo che, dopo il calo del 2015, tornano ad aumentare le persone segnalate al prefetto: da 27.718 a 32.687 (+17,92%), che diventa un impressionante +237,15% se consideriamo le sole segnalazioni dei minorenni. “Si conferma marginale – scrivono gli autori del Libro Bianco – il peso della vocazione ‘terapeutica’ della segnalazione al Prefetto: solo 122 persone vengono sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario; 9 anni prima erano 3.008. Le sanzioni amministrative riguardano invece il 40,25% dei segnalati. La segnalazione al prefetto dei consumatori di sostanze stupefacenti ha quindi natura principalmente sanzionatoria”.

Quali sono le sostanze più colpite dalla repressione? Di gran lunga i cannabinoidi (per il 78,98%), cui segue a grande distanza la cocaina (13,68%) e, ancora con un certo distacco, l’eroina (5,35%). Dal 1990 a oggi sono state ben 1.164.158 le persone segnalate per possesso di droghe a uso personale e nel 72,57% dei casi si trattava di derivati della cannabis.

Per quanto riguarda la guida in stato di alterazione, i dati della Polizia Stradale ci dicono che nel 2015 solo lo 0,39% dei conducenti coinvolti in tutti gli incidenti stradali era positivo ai test antidroga. Il nuovo protocollo operativo attivo dal 2015 prevede l’effettuazione di test di screening sulla saliva direttamente su strada. Con questa procedura nel 2016 si è rilevato che su 17.565 controlli l’1,22% dei conducenti fermati era positivo ad almeno una sostanza stupefacente (era l’1,42% nel 2015, su 14.767 conducenti fermati). Va detto che nel 2016 oltre il 30% dei conducenti positivi al test salivare è stato in seguito scagionato da ulteriori analisi di laboratorio (nel 2015 i falsi positivi furono il 21%).

Infine, uno sguardo ai costi delle nostre scelte in tema di droghe. L’economista Marco Rossi dell’Università La Sapienza di Roma nel suo saggio contenuto nel Libro Bianco sviluppa la previsione di risparmio che si avrebbe assumendo per la cannabis una regolamentazione e una tassazione simili a quelle del tabacco. Rossi stima in circa 4 miliardi di euro il risparmio che si avrebbe da imposte sulle vendite, imposte sul reddito e diminuzione della spesa pubblica per la sicurezza.

Molti altri i temi trattati in questa ottava edizione del Libro Bianco sulle droghe – da una comparazione su base europea al sistema dei servizi ai dati sul consumo di cannabis tra i giovani a molto altro ancora – che ci fornisce ancora una volta un quadro esaustivo della follia delle politiche italiane sulle tossicodipendenze. I soldi che si risparmierebbero con un’inversione di marcia si potrebbero reinvestire in politiche di riduzione del danno, inclusione sociale, sostegno alle famiglie. Perseverare nell’utilizzo del solo strumento penale per trattare un tema complesso come quello delle droghe continuerà a fare del male ai nostri ragazzi in nome di un approccio ideologico che nulla ha a che vedere con la soluzione dei problemi e con i dati di realtà. La guerra alla droga è idiota, drammatica e criminale come ogni guerra.

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