Dalla diocesi di Bamako tagliano corto sul motivo dell’assenza dell’arcivescovo alla celebrazione del 28 giugno in San Pietro: “Ragioni di salute”. Ma il passo indietro è stato concordato con Bergoglio da diversi giorni. Al momento non è dato sapere se il Pontefice nominerà ugualmente cardinale monsignor Zerbo, che potrebbe quindi ricevere la berretta rossa a domicilio. Ma ci potrebbe essere anche l’ennesimo colpo di scena: un rifiuto della porpora da parte del presule
Un passo indietro che equivale a un vero e proprio mea culpa. A 48 ore dal concistoro nel quale, il 28 giugno prossimo, avrebbe dovuto ricevere la berretta rossa dalle mani di Papa Francesco, l’arcivescovo di Bamako, nel Mali, monsignor Jean Zerbo, ha annunciato che non sarà presente alla cerimonia nella Basilica Vaticana. Il presule è stato travolto dall’inchiesta di Le Monde che ha fatto emergere l’esistenza nella banca svizzera HSBC Private Bank a Ginevra di fondi per 12 milioni di euro suddivisi in vari conti correnti i cui codici di accesso sono proprio nelle mani di monsignor Zerbo. Accuse respinte sempre con forza dalla Conferenza episcopale del Mali che ha bollato come “articolo tendenzioso” l’inchiesta del quotidiano francese. “Questo atto – affermano i presuli del Paese – compiuto nel momento in cui la nostra Chiesa viene onorata dalla nomina del suo primo cardinale, mira a sporcare la sua immagine e a destabilizzarla. Dio che vede e che sa tutto, saprà un giorno ristabilire la verità”. E in un altro passaggio si legge che la “Conferenza episcopale del Mali opera nella trasparenza totale. Dispone di statuti, di un regolamento interno e di un manuale di procedure che stabiliscono le funzioni di ciascun vescovo. Nessun vescovo agisce a titolo personale. Tutte le attività sono regolarmente esaminate”.
Un tentativo, alquanto disperato, di salvare il primo cardinale del Paese travolto dallo scandalo finanziario. Tutto ciò mentre i due autori dell’inchiesta, David Dembélé e Aboubacar Dicko, dopo un susseguirsi di violente minacce anonime al telefono e via internet, sono stati posti sotto protezione della polizia del Mali. Avvenimento questo ancora più inquietante. Ma alla fine dal Vaticano hanno fatto pressioni per evitare che monsignor Zerbo fosse presente alla cerimonia durante la quale Francesco gli avrebbe imposto la berretta rossa. Una fotografia che inevitabilmente avrebbe fatto il giro del mondo e messo in seria difficoltà il Papa. Ma non è tutto. Monsignor Zerbo essendo stato indicato da Bergoglio al primo posto nella lista dei cinque nuovi cardinali, tutti elettori in un eventuale conclave, avrebbe come tradizione anche dovuto rivolgere, all’inizio della cerimonia, un saluto di ringraziamento al Pontefice a nome dei neo porporati. Una posizione che lo avrebbe messo maggiormente in risalto durante il concistoro creando ulteriore imbarazzo al Papa. Dalla diocesi di Bamako tagliano corto sul motivo dell’assenza dell’arcivescovo alla celebrazione in San Pietro: “Ragioni di salute”. Ma il sospetto, in Vaticano e non solo, dell’ennesima nomina sbagliata è molto forte.
Il passo indietro di monsignor Zerbo è stato concordato con Francesco da diversi giorni. Nel libretto del concistoro pubblicato dall’Ufficio delle celebrazioni liturgiche pontificie, infatti, sotto l’elenco dei cinque nuovi porporati si legge: “Uno dei nuovi cardinali, a nome di tutti, rivolge al Santo Padre un indirizzo di omaggio e gratitudine”. Ma la tradizione vuole che sia sempre il primo a pronunciare il saluto al Papa. Con l’assenza di Zerbo, questo privilegio toccherà al secondo della lista, l’arcivescovo di Barcellona, monsignor Juan José Omella. Al momento non è dato sapere se Francesco nominerà ugualmente cardinale monsignor Zerbo che potrebbe quindi ricevere la berretta rossa a domicilio da un delegato papale. Ma ci potrebbe essere anche l’ennesimo colpo di scena di un rifiuto della porpora da parte del presule. Come ha opportunamente rilevato Marco Politi, nella vicenda dell’arcivescovo di Bamako i “punti oscuri sono parecchi”. A partire dal fatto che se una Chiesa locale, in uno scenario di guerra, sente la necessità di mettere al sicuro i propri fondi, c’è un’istituzione apposita: l’Istituto per le opere di religione. “Perché – domanda Politi – agli autori dell’inchiesta di Le Monde l’arcivescovo Zerbo risponde prima ‘Io un conto in Svizzera? Dunque sono ricco a mia insaputa’ e poi ‘È un conto vecchio, un sistema che abbiamo ereditato dall’Ordine dei Missionari d’Africa’?”.
Dall’inchiesta del quotidiano francese è emerso, inoltre, che nel 2007, ultima data della documentazione HSBC Private Bank, i 12 milioni, suddivisi in vari conti intestati alla Conferenza episcopale del Mali, sono accessibili a tre persone: monsignor Zerbo, all’epoca incaricato delle finanze della Conferenza episcopale del Mali, monsignor Jean-Gabriel Diarra, vescovo di San, e Cyprien Dakouo, l’allora segretario generale dell’episcopato del Mali. “Da dove vengono questi fondi, – si domanda ancora Politi – tenuto conto che il Mali è un paese estremamente povero di 17 milioni di abitanti con una minuscola presenza cattolica?”. Così come è ancora più inquietante, in un pontificato che si è ripromesso di debellare finalmente il riciclaggio del denaro all’interno dello Ior, che l’attuale responsabile delle finanze dell’episcopato del Mali, don Noel Somboro, non sappia nulla di questi conti: “È possibile che siano esistiti, ma non ne ho traccia”. Anche su questo, e non solo sulla condotta di monsignor Zerbo, ora dovrà indagare Francesco.