Fiumi di inchiostro – come si suol dire nel giornalismo – si sono riversati in questo mese sulla guerra dei sei giorni del 67. I giornali italiani hanno dedicato ampio spazio a uno degli eventi più importanti nella storia del Medioriente. I 50 anni dell’occupazione israeliana nei Territori non hanno portato alcun vero cambiamento nei rapporti fra israeliani e palestinesi. Gli accordi di Oslo del 1993, che sembravano annunciare la fine dell’occupazione israeliana e la nascita di uno Stato palestinese, sono finiti con i colpi degli attacchi suicidi di Hamas e Jihad islamico e, non meno importante, con l’assassinio di Rabin, oramai 22 anni fa.
Il lettore italiano che voglia comprendere i rapporti fra i due popoli farà bene a leggere due libri di David Grossman (uno degli autori israeliani più amati in Italia) che non sono romanzi o semplici saggi sul tanto richiamato “conflitto”, ma libri ancora molto attuali – sebbene scritti 30 anni fa – molto più di tanti affrettati articoli di giornale, firmati da chi non conosce né l’ebraico né l’arabo. E, credetemi, che per capire i conflitti è necessario sapere le lingue in cui questi conflitti parlano.
Grossman, a quel tempo un giovane scrittore ancora poco noto al mondo, decide di percorrere in macchina i territori per parlare con i palestinesi e i coloni, e capire come questo conflitto venga vissuto nella quotidianità. Il vento giallo è un’indagine, quasi uno studio antropologico, che è stato capace di prevedere la Prima Intifada, la prima rivolta del 1987.
L’importante, per chi legge, è comprendere che una soluzione di pace che permetta l’esistenza dei coloni nei territori palestinesi non è possibile. Essi vivono là con l’avvallo di tutti i governi israeliani degli ultimi 30 anni, ma senza alcuna intenzione di convivere con i palestinesi, nemmeno per una pace vera e duratura (che è anche l’esatta posizione del primo ministro Netanyahu).
Grossman non si è limitato al viaggio nei territori. Nel 1992 ne ha pubblicato un altro, stavolta dentro lo Stato di Israele. In ebraico si intitola Presenti assenti, che è la definizione giuridica dei profughi palestinesi, del 48, del 67 e anche di certi villaggi arabi dentro lo Stato di Israele: sono presenti sul territorio ma assenti legalmente (in italiano Un popolo invisibile. I palestinesi di Israele).
Questa volta l’autore incontra gli arabi che vivono in tante città miste di Israele, Haifa, Gerusalemme, Tel Aviv, Jaffa, Ramle, Lod, Nazareth, gente che vive dentro i confini dello stato di Israele ma che si sente comunque palestinese, magari con famigliari nei territori o nei campi profughi di diversi paesi arabi (non ho mai capito perché i paesi arabi, che ospitano i campi profughi, non abbiano mai concesso il diritto di cittadinanza ai profughi palestinesi. Forse è più facile alimentare il conflitto che creare case decenti per chi ha perso la sua e il Paese natale).
Il Grossman narratore è assai più famoso del Grossman saggista, e questo è un peccato. La lettura de Il Vento giallo e di Un popolo invisibile sono fondamentali per capire il conflitto palestinese-israeliano anche nel 2017. Ma temo che questi due contributi manchino dagli scaffali delle librerie italiane, probabilmente sono in ristampa da tanto tempo. Anch’essi, come il “popolo invisibile”, sono più assenti che presenti. Bene farà la casa editrice Mondadori ad apprestarsi alla loro ristampa, magari chiedendo a Grossman una nuova introduzione, considerati i decenni trascorsi dalla loro pubblicazione.
E la loro ristampa troverebbe oggi un nuovo valido motivo. Meno di due settimane fa David Grossman ha vinto il Booker international prize, uno dei maggiori premi letterari per libri tradotti in lingua inglese. Pochi rari cenni ho trovato sui giornali italiani, che normalmente danno grande spazio a Grossman giornalista e narratore, su questo prestigioso riconoscimento. Pazienza. In tempi di fake news rispolverare lungimiranti libri del passato può essere un’importante reazione politica.