A processo 4 poliziotti, un avvocato e un addetto alla sicurezza. L'indagine sui fatti durante la partita tra Nottingham Forrest e Liverpool è partita nel 2012. Processo al via il 9 agosto
Quella strage, rimasta sempre senza colpevoli, aveva cambiato il modo di concepire la sicurezza negli stadi inglesi. Era il 15 aprile 1989 quando all’Hillsborough Stadium di Sheffield, durante la semifinale di FA Cup tra Nottingham Forrest e Liverpool. Potevano essere salvate. Invece morirono 96 persone, tutti tifosi dei Reds, schiacciate e calpestate dalla calca. Non ha mai pagato nessuno. Di più, si è scoperto che molti rapporti – 164 – vennero falsificati.
E una nuova inchiesta, cominciata nel 2012 dopo che una petizione popolare ha imposto al Governo di desecretare i documenti della polizia sulla strage di Hillsborough, ristabilisce una verità agghiacciante. Le colpe di quella tragedia sono della polizia e del governo, sostiene l’accusa. Le cariche della polizia che comprimono donne, vecchi e bambini verso la loro morte, i medici che fanno l’esame del sangue ai cadaveri dei bambini per dimostrare che sono ubriachi; per non parlare del medico legale incaricato che alle 15.15 – 9 minuti dopo la sospensione della partita – decreta la morte per asfissia irreversibile delle 94 persone rimaste a terra.
Adesso, la svolta: la procura britannica ha annunciato che 6 persone sono state incriminate. Tra gli accusati c’è David Duckenfield, ex ufficiale della polizia che era responsabile delle operazioni delle forze dell’ordine allo stadio nel giorno del disastro. È stato incriminato per omicidio di 95 persone causato da “negligenza grave”. Gli altri cinque incriminati sono ufficiali di polizia, un avvocato che aveva lavorato per la polizia, un addetto alla sicurezza allo stadio. Sono accusati di ostacolo al corso della giustizia, violazione delle regole della sicurezza e negligenza di pubblico ufficiale.
Ventotto anni dopo, i parenti delle vittime non hanno dimenticato. E si sono abbracciati fuori dall’edificio in cui si erano radunati a Warrington: “Ero spaventato, assolutamente spaventato di rimanere di nuovo deluso. È così difficile combattere per la giustizia per un periodo così lungo”, ha detto Barry Devonside, sopravvissuto alla strage, nella quale morì invece il figlio 18enne. “Siamo stati schiaffeggiati in varie occasioni – ha aggiunto – Fortunatamente le famiglie hanno agito con la massima dignità”.
Adesso a qualcuno è chiesto di rispondere di quanto accadde quel pomeriggio. Assieme a Duckenfield, dovranno spiegare cosa successe anche Norman Bettison, ex commissario capo della polizia, a cui sono rivolte accuse di negligenza di pubblico ufficiale per il sospetto che abbia mentito sul suo coinvolgimento dopo il disastro e sulle responsabilità dei tifosi. Altri due ex capi della polizia, Donald Denton e Alan Foster, sono stati incriminati per ostacolo al corso della giustizia su presunte modifiche apportate a dichiarazioni delle vittime nelle indagini originali e nell’inchiesta sui decessi.
L’avvocato Peter Metcalf, invece, dovrà rispondere di ostacolo alla giustizia per accuse simili. Graham Mackrell, ufficiale della sicurezza al tempo del disastro, avrebbe violato le regole della sicurezza e non aver agito in modo responsabile per tutelare le altre persone. A parte Duckenfield – perseguito già nel 1999 prima che il suo caso venisse bloccato e quindi ora è in attesa della revoca del blocco – gli altri imputati compariranno davanti al tribunale di Warrington il 9 agosto per la prima udienza.