Per chi indaga il movente è un risentimento personale nei confronti della figlia della vittima, che era stata beneficiata per via della malattia del padre. Il caso ricorda quello degli "angeli della morte" di Ravenna, Piombino e Saronno
Un anno fa la morte di Celestino Valentino in un letto d’ospedale a Venafro, provincia di Isernia. Oggi, l’arresto dell’unica indagata, un’infermiera di 45 anni che secondo gli inquirenti lo ha ucciso facendogli bere soda caustica. L’accusa per la donna è di omicidio volontario. L’uomo, un 77enne di Pratella, nel casertano, era ricoverato al Santissimo Rosario per un’ischemia cerebrale. Il 22 giugno moglie e figlia, anche lei infermiera, lo trovarono con lesioni alla bocca e alla trachea, provocate dal contatto con una sostanza corrosiva che probabilmente l’infermiera gli aveva fatto bere poco prima. L’uomo, in gravissime condizioni, fu trasferito all’ospedale di Isernia dove è morto alcuni giorni dopo.
Le indagini si erano concentrate da subito sulla 45enne che aveva lavorato all’ospedale di Venafro e, da poco tempo, era stata trasferita nella struttura di Isernia. Secondo gli investigatori il movente è il risentimento personale nei confronti della figlia di Valentino: per via della malattia del padre aveva potuto usufruire della legge 104 ed evitare il trasferimento, toccato invece all’indagata. Nei giorni successivi si parlò di un presunto filmato in cui si vedeva l’infermiera arrestata mentre acquista soda caustica, ripresa delle telecamere a circuito chiuso di un negozio a pochi metri dell’ospedale. La famiglia Valentino tre mesi fa, con una lettera aperta, aveva espresso rammarico perché il responsabile dell’omicidio non era stato stato ancora assicurato alla giustizia. Oggi, l’arresto dei carabinieri.
Un caso che ricorda quello di Daniela Poggiali, ex infermiera del ravennate condannata all’ergastolo per aver ucciso un’anziana paziente nel 2014 iniettandole una dose letale di potassio. Subito dopo si era scattata una foto con il cadavere. Durante i suoi turni ci furono novanta decessi in più della media. In Toscana, nel 2016, un’altra infermiera killer: Fausta Bonino, arrestata con l’accusa di aver provocato in un anno e mezzo la morte di 13 persone ricoverate nel reparto di rianimazione, con dosi massicce di anticoagulanti come l’Eparina. Nessun movente, solo una crisi depressiva aggravata dall’abuso di alcol e farmaci. La procura di Livorno aveva chiesto al gip la revoca della misura cautelare in attesa che le indagini confermino le ipotesi di accusa. L’ultimo caso a Saronno, in provincia di Varese, dove l’infermiera Laura Taroni è stata accusata dell’omicidio di sua madre e del suocero con la complicità del suo amante, l’anestesista Leonardo Cazzaniga.