Cronaca

Papa Francesco dà la berretta rossa a Jean Zerbo: il monsignore “con 12 milioni in banca” è diventato cardinale

Nel concistoro in cui sono stati nominati i 5 nuovi porporati è stato stravolto il protocollo per non far parlare il presule del Mali, accusato da un'inchiesta di Le Monde di essere l'unico referente di vari conti correnti in un istituto di credito svizzero, per un ammontare colossale e diametralmente opposto ai principi di povertà su cui si basa tutto il pontificato di Bergoglio

L’ultimo colpo di scena è arrivato all’inizio del concistoro. Gli occhi erano tutti per l’arcivescovo di Bamako, in Mali, Jean Zerbo, il primo dei cinque nuovi cardinali nominati da Papa Francesco, travolto dalle polemiche per un scandalo finanziario che lo vedeva protagonista. A lui spettava, come prevede un’antica tradizione, rivolgere un indirizzo di omaggio e gratitudine al Papa all’inizio della celebrazione nella Basilica Vaticana. Ma a sorpresa è stato l’arcivescovo di Barcellona, Juan José Omella, a pronunciare il discorso di ringraziamento rivolto a Bergoglio. E durante tutta la celebrazione è stato sempre il neo porporato spagnolo a svolgere tutte le parti del rito che competevano al primo dei cinque nuovi cardinali, ovvero a Zerbo. Cosa è successo? Perché questo cambio improvviso in una tradizione consolidata? Alla vigilia del concistoro il porporato africano è stato travolto da uno scandalo finanziario, pubblicato da Le Monde, che ha fatto emergere l’esistenza nella banca svizzera Hsbc Private Bank a Ginevra di fondi per 12 milioni di euro suddivisi in vari conti correnti i cui codici di accesso sono nelle mani del neo cardinale Zerbo.

Ne è scaturita una vera e propria guerra mediatica con la Conferenza episcopale del Mali che ha subito fatto quadrato intorno al primo porporato del Paese. Dito puntato con veemenza contro i due giornalisti accusati perfino, con la loro inchiesta basata sulle carte trovate e pubblicate dal quotidiano francese, di aver voluto “sporcare l’immagine” della Chiesa del Paese africano “destabilizzandola”. Tutto ciò mentre i due autori dell’inchiesta, dopo un susseguirsi di violente minacce anonime al telefono e via internet, sono stati posti sotto protezione della polizia del Mali. Dal Vaticano, però, hanno iniziato a domandarsi quale fosse la verità e a chiedere seri chiarimenti alla vigilia del concistoro. Soprattutto perché a essere messa sotto accusa era la gestione dei fondi della Conferenza Episcopale di un Paese poverissimo con una minima percentuale di cattolici. Tutto ciò durante un pontificato che si è prefisso fin da subito una lotta senza eccezioni agli affari sporchi nella Chiesa.

I vescovi del Mali hanno quindi cercato di correre ai ripari inviando in Vaticano una relazione sulla propria situazione finanziaria precisando che fin dalla fine del 1988 avevano deciso di creare un fondo comune con la maggioranza delle fondazioni e degli enti per portare avanti “una politica di solidarietà finanziaria e pastorale”. Nella nota si ammette, inoltre, l’esistenza del conto presso la banca svizzera Hsbc, aperto nel 2005 dalla Conferenza Episcopale, e chiuso, stando a quanto dichiarano i presuli del Mali, nel 2010. Ma perché il conto non è stato aperto all’Istituto per le Opere di Religione? È prassi, infatti, che operazioni di questo tipo, soprattutto per Chiese povere che ricadono sotto il controllo della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, avvengano all’interno della banca vaticana. Nella loro nota i presuli africani ci tengono a precisare, inoltre, che il conto nella banca svizzera “non ha mai accolto 12 milioni di euro, una somma colossale, largamente al di sopra degli averi della Conferenza Episcopale del Mali”. Ma l’inchiesta pubblicata da Le Monde, carte alla mano, ha dimostrato che quei soldi esistevano ed erano depositati a Ginevra.

Ad accrescere ancora più i dubbi sulla nomina del primo cardinale del Mali è stato anche il piccolo giallo di cui è stato protagonista l’arcivescovo di Bamako alla vigilia del concistoro. A 48 ore dalla celebrazione in San Pietro, una nota ufficiale della sua arcidiocesi aveva comunicato che il porporato non sarebbe stato presente “per ragioni di salute” alla celebrazione durante la quale il Papa gli avrebbe imposto la berretta rossa. Voci di un ricovero urgente in una clinica parigina a seguito di un problema all’intestino erano circolate nei sacri palazzi insieme all’ipotesi di una decisione imposta al futuro porporato per evitare la foto con Francesco nel momento dell’imposizione della berretta rossa. Sarebbe diventato cardinale lo stesso, ma in assenza. Tutto secondo copione: il Papa e la Segreteria di Stato erano stati informati che Zerbo non sarebbe stato presente alla celebrazione. Ma poi l’ennesimo colpo di scena. Alla vigilia del concistoro l’arcivescovo di Bamako è stato avvistato in giro per Roma con grande imbarazzo del Vaticano. Ma non era malato?

“Lungo il cammino – ha affermato Francesco nella breve meditazione tenuta durante il concistoro – i discepoli stessi sono distratti da interessi non coerenti con la ‘direzione’ di Gesù, con la sua volontà che è un tutt’uno con la volontà del Padre. Ad esempio, abbiamo sentito, i due fratelli Giacomo e Giovanni pensano a come sarebbe bello sedere alla destra e alla sinistra del re d’Israele. Non guardano la realtà! Credono di vedere e non vedono, di sapere e non sanno, di capire meglio degli altri e non capiscono. La realtà invece – ha proseguito Bergoglio – è tutt’altra, è quella che Gesù ha presente e che guida i suoi passi. La realtà è la croce, è il peccato del mondo che lui è venuto a prendere su di sé e sradicare dalla terra degli uomini e delle donne. La realtà sono gli innocenti che soffrono e muoiono per le guerre e il terrorismo; sono le schiavitù che non cessano di negare la dignità anche nell’epoca dei diritti umani; la realtà è quella di campi profughi che a volte assomigliano più a un inferno che a un purgatorio; la realtà è lo scarto sistematico di tutto ciò che non serve più, comprese le persone”.

Oltre agli arcivescovi di Bamako e Barcellona, Francesco ha nominato cardinali Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma, in Svezia; Luis Marie-Ling Mangkhanekhoun, vicario apostolico di Paksé, nel Laos; e  Gregorio Rosa Chávez, ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador, in El Savador. Quest’ultimo, stretto collaboratore del beato Oscar Romero, ucciso dagli squadroni della morte nel 1980, è il primo ausiliare della storia della Chiesa a ricevere la berretta rossa. “Gesù – ha detto loro il Papa – ‘cammina davanti a voi’ e vi chiede di seguirlo decisamente sulla sua via. Vi chiama a guardare la realtà, a non lasciarvi distrarre da altri interessi, da altre prospettive. Lui non vi ha chiamati a diventare ‘principi’ nella Chiesa, a ‘sedere alla sua destra o alla sua sinistra’. Vi chiama a servire come lui e con lui. A servire il Padre e i fratelli. Vi chiama ad affrontare con il suo stesso atteggiamento il peccato del mondo e le sue conseguenze nell’umanità di oggi”. Parole emblematiche per porre finalmente fine alle polemiche. Subito dopo la celebrazione, Francesco a bordo di un pulmino insieme ai cinque nuovi porporati, è andato a trovare Benedetto XVI nella sua residenza all’interno dei Giardini Vaticani, il Monastero Mater Ecclesiae. Un gesto di affetto per il Papa emerito, che ha da poco compiuto 90 anni, che già nel precedente concistoro non era riuscito a essere presente alla celebrazione.

Twitter: @FrancescoGrana