Raccontano che non erano mai andati d’accordo, si sopportavano. Avevano discusso spesso, a volte anche in maniera violenta, ma il livello dello scontro era sempre rimasto su un piano verbale anche in virtù della gerarchia. E’ anche per questo motivo che i colleghi non riescono a spiegare cosa abbia spinto l’agente Massimo Schipa a sparare al proprio vicecomandante Massimo Iussa e poi a uccidersi con un colpo alla tempia subito dopo.

Erano negli uffici del Comune di San Donato Milanese, a sud di Milano, in via Cesare Battisti. Pochi minuti dopo le 15 hanno iniziato l’ennesima discussione per i turni di lavoro, gli orari, le mansioni da svolgere. Motivi sicuramente futili ma che evidentemente hanno minato nel profondo la serenità di Schipa, 52enne originario della provincia di Lecce. Stavolta le parole non sono bastate, l’agente ha impugnato la pistola d’ordinanza, ha sparato un colpo al torace del vicecomandante Iussa e poi ha rivolto la pistola contro se stesso. Due proiettili sono stati sufficienti per uccidere entrambi.

Gli spari hanno paralizzato gli uffici del Comune, in pochi minuti i paramedici del 118 hanno raggiunto i feriti ma le loro condizioni erano ormai disperate. Quando l’ambulanza è arrivata al Pronto soccorso del Policlinico erano già morti. “Iussa era un gran lavoratore, una persona molto retta e corretta che non era da attriti”, ha ricordato l’ex assessore alle Pari Opportunità, Ilaria Amè, tra i primi a riunirsi all’esterno del Comune. Una piccola folla di colleghi dei due e dipendenti comunali si è formata nel piazzale, tutti avevano lo sguardo incredulo. I carabinieri di San Donato stanno ascoltando molti di loro nel tentativo di capire se ci siano altri motivi alla base dell’omicidio-suicidio.

Nato a Gemona del Friuli ma residente da tempo a Lodi, Iussa era stato da ragazzo segretario del Fronte della gioventù e nel 2007 aveva riportato un grave trauma cranico nel corso di un’aggressione al mercato di via Gramsci dove era intervenuto per sedare una rissa tra automobilisti. “È sempre stato leale – ha detto tra le lacrime Amè, legata da un’amicizia che andava oltre il semplice rapporto di lavoro -. Volevamo farlo comandante, per noi era perfetto”.

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