La Procura della Repubblica presenta il conto per gli otto imputati dell’unico dibattimento pubblico aperto a Venezia per lo scandalo Mose scoppiato tre anni fa. Decine di altri imputati hanno finora patteggiato e risarcito i danni, ma otto di loro avevano preferito accettare il verdetto dei giudici. E così, quattordici mesi e mezzo dopo la prima udienza, che risale all’aprile 2016, i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini hanno formulato le richieste di pena. A conclusione della requisitoria iniziata in mattinata davanti al collegio presieduto da Stefano Manduzio, hanno chiesto la condanna di tutti, per pene complessive pari a 27 anni di carcere.
I grandi corruttori Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita hanno confessato perché volevano ottenere benefici di legge. Ma ciò non toglie che siano credibili. E le loro parole hanno trovato riscontri inequivocabili. Sono queste le premesse del ragionamento della pubblica accusa, che si è concluso dopo quasi sei ore. Posizione di rilievo per il senatore Altero Matteoli (Alleanza nazionale e Popolo delle libertà) che ha fatto parte di diversi governi Berlusconi. E’ stato ministro dell’ambiente (1994-95 e 2001-06), nonché delle infrastrutture e trasporti (2008-11). Il suo ruolo nella vicenda, per il reato di corruzione legato a una dazione di denaro del Consorzio Venezia Nuova, si incrocia con quello dell’imprenditore romano Erasmo Cinque che avrebbe beneficiato con la sua azienda (la Socostramo) di lavori di bonifica a Marghera, sotto la regia di Mazzacurati. Per Matteoli la richiesta è di 6 anni di reclusione, un anno in meno per Cinque. Imponente la richiesta di confisca dei beni che raggiunge il valore di 33 milioni di euro.
L’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, avvocato, venne eletto per il centrosinistra nel 2010 e si dimise dopo aver ottenuto la libertà nel giugno 2014. L’accusa è di finanziamento illecito dei partiti, per aver ricevuto somme di denaro (alcune centinaia di migliaia di euro) da Mazzacurati, a sostegno della campagna elettorale del 2010. Un accordo di patteggiamento con la Procura, nel 2014, era stato ritenuto inadeguato dal gip (4 mesi e 15mila euro di multa) e quindi la vicenda è finita a processo. Per lui è stata formulata una richiesta di due anni e tre mesi di reclusione, oltre a un milione di multa.
L’ex eurodeputata Lia Sartori, nonché ex presidente del consiglio regionale del Veneto, già socialista, poi passata alla Casa delle Libertà, è ugualmente imputata di finanziamento illecito per denaro ricevuto dal grande elemosiniere Mazzacurati. Per lei una richiesta di due anni di reclusione e 500mila euro di multa. Quattro anni di reclusione sono stati chiesti per Maria Giovanna Piva, ex Presidente del Magistrato alle Acque, imputata di corruzione per essere finita a libro-paga del Consorzio Venezia Nuova, l’organismo che avrebbe dovuto controllare.
L’architetto Danilo Turato ebbe l’incarico di restaurare villa Rodella, l’ex dimora sui Colli Euganei di Giancarlo Galan, l’ex presidente della Regione Veneto che è stato arrestato, ha già patteggiato ed espiato la pena. Per Turato, imputato di concorso in corruzione in relazione al pagamento delle spese del restauro da parte del sistema del Consorzio, la richiesta è di due anni e sei mesi. Per l’imprenditore Nicola Falconi (corruzione), la richiesta è di tre anni. Ultimo nell’elenco è l’avvocato Corrado Crialese, che deve rispondere di millantato credito: per lui una richiesta di 2 anni e 4 mesi. Nel processo sono parti civili il governo, la Regione Veneto, il Comune di Venezia, la Città Metropolitana di Venezia e, in parte, il Consorzio Venezia Nuova, concessionario del Mose.