Sul sito web dell’Eni campeggia un quesito: “la fine delle sanzioni in Iran: quale impatto sull’industria petrolifera?”. Quello che, sullo scacchiere internazionale, ha rappresentato uno degli eventi più significativi in campo politico – al pari degli accordi tra gli Usa e Cuba, subito messi in discussione dal presidente Trump – è in campo economico ancora un rebus.
La compagnia petrolifera italiana la vede così: da un lato segnala un potenziale effetto “ribassista”, l’insidia che il ritorno del greggio iraniano sui mercati internazionali possa determinare un ulteriore surplus dell’offerta, con nuove riduzioni dei prezzi. La compagnia arriva a prevedere una contrazione delle entrate correlate all’export ai livelli degli anni 2013-2014, quando si registrò un calo del 53%.
Dall’altro lato, tuttavia, l’Eni vede anche i vantaggi della storica misura che ha portato alla rimozione delle sanzioni, la Repubblica islamica dell’Iran non è un produttore qualsiasi. Si tratta – secondo un recente studio di British Petroleum – del primo Paese al mondo per le riserve di gas naturale (seguito da Russia e Qatar), del quarto per le riserve di greggio, segue il Venezuela, l’Arabia Saudita e il Canada. Ha bassi costi di produzione, dato non irrilevante in un contesto da tempo caratterizzato da una ridotta quotazione del greggio, infine tra i programmi degli ayatollah figura innanzitutto il rilancio dell’industria petrolifera, con succulenti contratti per le imprese internazionali.
E infatti, a distanza di pochi mesi dalla riproposizione dell’Iran sulla scena mondiale, la compagnia col marchio dal cane a sei zampe ha già lasciato la sua impronta sul suolo asiatico. Una nota della Farnesina comunica che l’Eni ha firmato con la National iranian oil company due Memorandum of understanding (Mou) per la realizzazione di studi di fattibilità dello sviluppo del giacimento di gas offshore di Kish e della fase 3 del giacimento petrolifero di Darquain, del quale in passato la compagnia italiana si era già occupata delle fasi precedenti.
L’obiettivo della terza fase è incrementare di 50mila barili la capacità produttiva giornaliera del giacimento, attualmente il campo petrolifero produce quotidianamente circa 160mila barili. Il giacimento di gas di Kish è invece offshore, posizionato nel Golfo Persico, a poche miglia dalla costa, con i suoi 1,3 trilioni di metri cubi di gas naturale è una importante risorsa con un potenziale di estrazione giornaliera di più di 500 milioni di barili di gas condensato.
La Repubblica islamica, che rimette i panni di paese importatore è un buon affare per l’Italia, l’embargo era costato oltre 15 miliardi di euro in mancate esportazioni a partire dal 2006. Oggi, malgrado i conti da fare con nuovi concorrenti, quali Cina, India, Russia e Brasile, divenuti principali fornitori negli anni delle sanzioni, l’Italia torna a essere, con la Germania, uno dei principali partner commerciali europei. Lo certificano i dati Eurostat che riporta nei suoi ultimi rilievi sull’andamento del commercio dei paesi membri, un volume d’interscambio record di 1,2 miliardi di euro con Teheran.
Insomma, non siamo ai tempi dell’antica Repubblica di Venezia e delle sue privilegiate relazioni diplomatiche e commerciali con i Khanati iraniani, ma l’Italia sembra occupare un posto di primo piano nella “Nuova via della seta” che, nei programmi cinesi, tocca anche Teheran, capitale situata lì, in perfetto equilibrio tra Dušanbe e Istanbul.
Andrea Lupi e Pierluigi Morena
Avvocati internazionalisti
Mondo - 29 Giugno 2017
Petrolio, per l’Italia la fine dell’embargo dell’Iran è un buon affare
Sul sito web dell’Eni campeggia un quesito: “la fine delle sanzioni in Iran: quale impatto sull’industria petrolifera?”. Quello che, sullo scacchiere internazionale, ha rappresentato uno degli eventi più significativi in campo politico – al pari degli accordi tra gli Usa e Cuba, subito messi in discussione dal presidente Trump – è in campo economico ancora un rebus.
La compagnia petrolifera italiana la vede così: da un lato segnala un potenziale effetto “ribassista”, l’insidia che il ritorno del greggio iraniano sui mercati internazionali possa determinare un ulteriore surplus dell’offerta, con nuove riduzioni dei prezzi. La compagnia arriva a prevedere una contrazione delle entrate correlate all’export ai livelli degli anni 2013-2014, quando si registrò un calo del 53%.
Dall’altro lato, tuttavia, l’Eni vede anche i vantaggi della storica misura che ha portato alla rimozione delle sanzioni, la Repubblica islamica dell’Iran non è un produttore qualsiasi. Si tratta – secondo un recente studio di British Petroleum – del primo Paese al mondo per le riserve di gas naturale (seguito da Russia e Qatar), del quarto per le riserve di greggio, segue il Venezuela, l’Arabia Saudita e il Canada. Ha bassi costi di produzione, dato non irrilevante in un contesto da tempo caratterizzato da una ridotta quotazione del greggio, infine tra i programmi degli ayatollah figura innanzitutto il rilancio dell’industria petrolifera, con succulenti contratti per le imprese internazionali.
E infatti, a distanza di pochi mesi dalla riproposizione dell’Iran sulla scena mondiale, la compagnia col marchio dal cane a sei zampe ha già lasciato la sua impronta sul suolo asiatico. Una nota della Farnesina comunica che l’Eni ha firmato con la National iranian oil company due Memorandum of understanding (Mou) per la realizzazione di studi di fattibilità dello sviluppo del giacimento di gas offshore di Kish e della fase 3 del giacimento petrolifero di Darquain, del quale in passato la compagnia italiana si era già occupata delle fasi precedenti.
L’obiettivo della terza fase è incrementare di 50mila barili la capacità produttiva giornaliera del giacimento, attualmente il campo petrolifero produce quotidianamente circa 160mila barili. Il giacimento di gas di Kish è invece offshore, posizionato nel Golfo Persico, a poche miglia dalla costa, con i suoi 1,3 trilioni di metri cubi di gas naturale è una importante risorsa con un potenziale di estrazione giornaliera di più di 500 milioni di barili di gas condensato.
La Repubblica islamica, che rimette i panni di paese importatore è un buon affare per l’Italia, l’embargo era costato oltre 15 miliardi di euro in mancate esportazioni a partire dal 2006. Oggi, malgrado i conti da fare con nuovi concorrenti, quali Cina, India, Russia e Brasile, divenuti principali fornitori negli anni delle sanzioni, l’Italia torna a essere, con la Germania, uno dei principali partner commerciali europei. Lo certificano i dati Eurostat che riporta nei suoi ultimi rilievi sull’andamento del commercio dei paesi membri, un volume d’interscambio record di 1,2 miliardi di euro con Teheran.
Insomma, non siamo ai tempi dell’antica Repubblica di Venezia e delle sue privilegiate relazioni diplomatiche e commerciali con i Khanati iraniani, ma l’Italia sembra occupare un posto di primo piano nella “Nuova via della seta” che, nei programmi cinesi, tocca anche Teheran, capitale situata lì, in perfetto equilibrio tra Dušanbe e Istanbul.
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Open Arms, accusa e difesa a confronto. Per i pm “migranti sequestrati, libertà lesa”. Avvocata Bongiorno: “No, potevano scendere”
Palermo, 20 dic. (Adnkronos) - La Polizia di Stato di Catania – su delega di questa Procura Distrettuale della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, ha eseguito, con l’impiego dei poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Catania e del Commissariato di P.S. Adrano, sotto il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Catania a carico di 20 destinatari della custodia in carcere in quanto gravemente indiziati, con differenti profili di responsabilità e allo stato degli atti, dei delitti di associazione di tipo mafioso (clan Scalisi di Adrano), estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e porto e detenzione illecita di armi da sparo, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.
La misura cautelare compendia gli esiti di un’articolata indagine sul clan Scalisi di Adrano (Catania), articolazione territoriale nel predetto Comune del clan Laudani di Catania, che ha documentato il riassetto dei ruoli apicali e l’attuale organigramma del sodalizio mafioso.
Oltre all’organigramma del sodalizio, "l’indagine ha permesso di avere contezza dei delitti posti in essere dagli affiliati al clan Scalisi, tra cui numerose estorsioni, commesse nella tipica forma mafiosa del pizzo, in pregiudizio di commercianti ed imprenditori adraniti costretti a pagare mensilmente somme di denaro agli esattori dell’organizzazione mafiosa". Ulteriori ed inediti dettagli verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa prevista per le ore 10:30 presso la sala stampa della Procura della Repubblica presso il Tribunale, viale XX settembre 51, Catania.
Palermo, 20 dic. (Adnkronos) - I giudici di Palermo del processo Open Arms, che vede imputato il vicepremier Matteo Salvini per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, questa mattina all'apertura dell'udienza, non entreranno subito in Camera di consiglio. I pm che rappresentano l'accusa nel processo e che hanno chiesto per Salvini la condanna a sei anni di carcere, come si apprende, faranno "brevi repliche", dopo l'arringa difensiva ad opera dell'avvocata Giulia Bongiorno dello scorso 18 ottobre, legale di Salvini. Sarà un intervento in punta di diritto in cui la Procuratrice Marzia Sabella, che rappresenta l'accusa con i pm Geri Ferrara e Giorgia Righi, spiegherà perché secondo la Procura Salvini dovrebbe essere condannato per non avere permesso, nell'agosto de l2019, lo sbarco di 147 migranti al porto di Lampedusa.
Lo scorso 14 settembre, al termine della requisitoria, la Procura chiese sei anni di carcere affermando: “Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare”. Secondo l’accusa “le posizioni e le scelte del ministro Matteo Salvini diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. A ritrovarsi in una condizione di estrema difficoltà fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva”. Ma i pm hanno anche sottolineato che questo “non è un processo politico, bensì basato sugli atti amministrativi”.
Ieri sera, arrivato a Palermo, Salvini ha fatto una diretta sui social in cui ha annunciato: “In caso di condanna ricorreremo in appello perché la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me, ma al Paese”. L'udienza inizierà alle 9.30 all'aula bunker Pagliarelli di Palermo.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "La Corte di Cassazione ha stabilito in maniera chiara e netta che la competenza di decidere se un Paese è o meno sicuro spetta al governo. Quindi non i singoli giudici. La conferma che il governo Meloni aveva ragione e che le sentenze con cui i giudici hanno annullato i trasferimenti in Albania dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste erano sbagliate. Cosa diranno adesso Schlein e gli altri esponenti delle opposizioni, insieme alla grancassa dei loro house organ, dinanzi a questa sentenza che decreta il loro ennesimo fallimento? Per quanto ci riguarda continuiamo ad andare avanti, consapevoli che tutta l’Europa guarda all’Italia come un modello nel contrasto all’immigrazione illegale”. Lo dichiara il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Hai fatto la cosa giusta". Così, su Twitter, Elon Musk replica al commento che Matteo Salvini aveva fatto al post del patron di Tesla sul caso Open arms.
Roma 19 dic (Adnkronos) - "I delinquenti sono quelli che vogliono Salvini in galera". Lo scrive sui social Francesco Storace.
Roma, 19 dic (Adnkronos) - "Sono contento che abbiano assolto Renzi, che non finisca in galera. Io voglio vincere le elezioni perchè la gente ci dà fiducia, non perchè arrestano tutti gli altri". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social.
Roma 19 dic (Adnkronos) - - "Se mi dichiareranno innocente sarò felice per i miei figli e perchè ho fatto il mio lavoro. Se mi dichiareranno colpevole sarò felice lo stesso, non mi pento assolutamente di nulla, ho difeso da immigrati clandestini e trafficanti il mio Paese. Sarebbe un problema per l'Italia e gli italiani, con un ministro che bloccava gli sbarchi condannato immaginate voi trafficanti, scafisti e delinquenti dove verrebbero e porterebbero questi disperati". Lo ha detto Matteo Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza del processo Open Arms.