Nemmeno il tempo di mettere alle spalle la batosta alle amministrative, che per il Pd in Lombardia se ne preparava già un altra. Quella al referendum per l’autonomia della Regione lanciato dal governatore Roberto Maroni e fissato per il 22 ottobre, in contemporanea con il Veneto. Batosta quasi certa, se si fosse puntato sul no o si fosse chiesto di non andare a votare per boicottare la consultazione. E allora ai sindaci di centrosinistra dei capoluoghi lombardi – tutti meno Pavia – non resta che schierarsi apertamente per il sì. Anzi, fondare addirittura un comitato per il sì. Una linea capeggiata dal primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori e da quello di Milano Giuseppe Sala. Non che loro si siano contraddetti più di tanto, visto che in passato avevano fatto intendere che erano contrari al referendum (“uno spreco di soldi”), ma che se proprio si fosse dovuti andare a votare, avrebbero votato per avere più autonomia da Roma. Solo che ora la mossa dei sindaci non può che sconfessare quella che fino a ieri è stata la linea del Pd, sia in consiglio regionale che a livello nazionale. Con il segretario e consigliere lombardo Alessandro Alfieri e il ministro Maurizio Martina che hanno sempre sostenuto una cosa: fare il referendum significa buttare via milioni di euro, visto che gli stessi risultati si possono ottenere negoziando maggiori autonomie con il governo.
E invece ora il niet al referendum targato Lega è saltato. “L’autonomia e i benefici per la crescita e il lavoro per tutti non possono essere strumentalizzati da una parte politica che ha isolato fino ad ora la Lombardia – hanno dichiarano in una nota congiunta i sindaci di Milano, Bergamo, Brescia, Varese, Lecco, Mantova, Cremona e Sondrio – Per questo diciamo un sì convinto e ci organizzeremo perché il referendum sia una vittoria di tutti i lombardi e non una bandierina di una parte”. E non è un caso che la nota sia arrivata dall’ufficio stampa di Gori. Perché il primo cittadino di Bergamo ha appena confermato la propria disponibilità a candidarsi per le prossime Regionali, in programma a primavera 2018 se non prima. E non ha proprio voglia di lasciare al possibile sfidante Maroni tutto il palcoscenico di una campagna referendaria, tanto più che la compagnia si avvia a probabile successo. E così, dopo i deludenti risultati dei ballottaggi, meglio lanciare subito agli elettori un messaggio chiaro sul referendum. Elettori, che tra l’altro, vanno informati bene, sostengono i sindaci di centrosinistra: “Sul tema del referendum – spiega Gori – i contenuti della propaganda leghista (volta a far credere che serva per trattenere qui decine di miliardi di euro) sono del tutto mistificatori e pertanto non condivisibili. Il Comitato per il sì, lanciato ieri dai sindaci lombardi, aperto alla partecipazione di tutti gli amministratori, è invece centrato sui ‘veri contenuti‘ del referendum (trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione, per una maggiore autonomia della Lombardia)”.
Ed è proprio su questo aspetto che ha battuto il segretario regionale Alfieri, dopo che il comunicato stampa dei sindaci ha fatto in pochi istanti carta straccia di mesi di dichiarazioni impostate su un’altra posizione: “E’ un bene che i sindaci dei capoluoghi lombardi riportino il focus del referendum sulle competenze e sul regionalismo differenziato – dice Alfieri – I lombardi avranno a disposizione un’altra voce che non parlerà loro di fantomatici miliardi di euro ma di come rendere la Lombardia più forte e competitiva con maggiori poteri. Allo stesso tempo, rimaniamo convinti che sia un grave errore non aver trattato da subito con il governo e aver invece voluto indire un referendum che costerà ai cittadini lombardi 46 milioni di euro”. Pd regionale, dunque, che deve rifare la tara sul referendum. Così come, a sentire il sindaco di Milano Beppe Sala, deve ritararsi anche sulla presenza nei territori: “Non so quanto si sia dato il giusto peso alle amministrative, non so se i dirigenti del Pd siano andati in giro abbastanza a supportare i candidati – si è lamentato a ballottaggi da poco conclusi -. Salvini è stato più presente in campagna elettorale”.
Quanto al referendum, tra i sindaci dei capoluoghi lombardi del Pd, l’unico a distinguersi è quello di Pavia, Massimo Depaoli: “Ritengo che alcune materie non vadano trasferite alle regioni. Per esempio le diversificazioni regionali su ambiente e istruzione producono problemi”. Per il resto gli altri sindaci hanno portato il Pd ad allinearsi alle altre forze politiche: sì a maggiore autonomia. “Che confusione in casa dem”, è l’ironia di Maroni su Facebook. “Il Pd cambia rotta dopo la batosta elettorale – dice il capogruppo di Forza Italia al Pirellone Claudio Pedrazzini -. Hanno annusato l’odore della sconfitta e cercano di correre ai ripari”. Per chiudere con Andrea Fiasconaro del M5S: “In Regione non vogliono il referendum, ma i suoi sindaci voteranno sì. Il Pd regionale ha mentito spudoratamente sulle aperture del governo Renzi-Gentiloni per dare più autonomia e risorse alla Lombardia”.