Un medico e due ostetriche della clinica Mangiagalli di Milano verso il processo. E l’accusa per tutti è di omicidio colposo. Il caso è quello di Claudia Bordoni, la donna di 36 anni morta in ospedale il 28 aprile dell’anno scorso insieme alle due gemelle che portava in grembo. A disporre l’imputazione coatta dei tre con la relativa richiesta di rinvio a giudizio è stato il gip di Milano Stefania Donadeo. La Procura aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine ma il giudice ha accolto l’opposizione avanzata dei familiari della donna, assistiti dagli avvocati Antonio Bana e Antonio Sala Della Cuna. L’unica delle quattro indagate per cui il gip ha disposto l’archiviazione, in linea con la tesi dei legali della famiglia della donna, è una psichiatra che valutò la signora alla Mangiagalli.
Secondo il giudice, a differenza di quanto sostenuto dal pm Maura Ripamonti, “è evidente come non si possa ragionevolmente escludere che, se i sanitari imputati avessero posto in essere le condotte doverose omesse, in termini di accertamenti diagnostici e terapeutici suggeriti dalle linee guida” accreditate “la morte della signora Bordoni, e anche quella delle gemelle non si sarebbe verificata” nell’immediato “o al massimo si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva”.
Claudia Bordoni era stata ricoverata per la prima volta dal 13 al 21 aprile, al San Raffaele, per complicazioni: si trattava di una gravidanza a rischio. Quattro giorni dopo era tornata al pronto soccorso dell’ospedale per dolori addominali. Il 26 aprile si è recata alla clinica Mangiagalli, dotata di strutture specializzate e dove esiste anche un reparto di terapia intensiva neonatale. In questo lungo periodo di ricoveri e accertamenti, tra l’altro, si era fatta visitare anche al pronto soccorso dell’ospedale di Busto Arsizio (in provincia di Varese). Giovedì la situazione è precipitata e Claudia è morta a causa di un’emorragia gastrica, almeno stando ai primi accertamenti. I medici hanno anche cercato di praticare un cesareo d’urgenza che però non è riuscito. La procura, con il consulente tecnico nominato, nella richiesta di archiviazione aveva escluso il nesso causale tra l’omissione “gravemente colposa” degli imputati e la morte della paziente con le due bimbe che aveva ancora in grembo.