Secondo fonti di Bruxelles citate dall'Ansa, Parigi e Berlino diranno no all'apertura dei loro scali marittimi. Solo domenica sera al pre-vertice in vista dell'incontro tra i 27 di giovedì a Tallin, i ministri dell'Interno di Italia, Francia e Germania avevano raggiunto un'intesa su nuove misure da adottare per rallentare i flussi dalla Libia: più ricollocamenti, un codice di condotta per le organizzazioni non governative e ulteriore sostegno (anche economico) alla Guardia costiera libica
A neanche 24 ore dall’intesa raggiunta a parole con i ministri dell’Interno di Francia e Germania e benedetta dalla Commissione Ue, l’Italia incassa due porte in faccia. Anzi, due porti: quelli della stessa Francia e della Spagna, che secondo fonti da Bruxelles riportate dall’Ansa diranno no all’apertura dei loro scali marittimi alle navi delle ong cariche di migranti. Il tutto mentre l’Onu prevede che i flussi provenienti dalla Libia non sono destinati a diminuire.
Solo domenica il vertice informale a tre tra i ministri dell’Interno di Francia, Germania e Italia, Gerard Collomb, Thomas de Maiziére e Marco Minniti – cui aveva partecipato anche il commissario europeo agli Affari Interni Dimitris Avramopoulos – si era concluso con i soliti sorrisi e una nuova serie di impegni: da una parte un aumento degli sforzi di Parigi e Berlino sui ricollocamenti, dall’altra parte un codice di condotta per le ong, ulteriore sostegno (anche economico) alla Guardia costiera libica e aiuti all’Osservatorio per le migrazioni e all’Unhcr perché i centri in Libia rispondano agli standard sui diritti umani. Si pensa anche di cambiare la regola secondo cui le navi delle organizzazioni non governative, che rappresentano il 35-40% della flotta in mare che fa ricerca e salvataggio, sbarcano i migranti a bordo di EunavforMed Sophia. Previsto anche un miglioramento della collaborazione tra Italia e Malta nelle operazioni di soccorso, che tuttavia, si sottolinea, non significa che i migranti saranno sbarcati sull’isola.
“Misure concrete“, assicura Bruxelles, arriveranno già martedì in nella riunione settimanale della Commissione europea, misure che dovranno essere ratificate nel vertice di Tallin, in Estonia, previsto per giovedì prossimo, quando si incontreranno i 27 dell’Unione. Tutto rimandato a un nuovo vertice dagli esiti tutt’altro che certi, dunque, e misure che come al solito spostano l’attenzione sull’altra sponda del Mediterraneo e non affrontano in concreto il problema più pressante: quello del sovraffollamento dei centri d’accoglienza disseminati nella Penisola. Finora gli impegni assunti a livello comunitario nel maggio 2015 – in primis quello del ricollocamento di 40mila richiedenti asilo in due anni da Italia e Grecia – sono stati ampiamente disattesi.
Che un primo due di picche fosse nell’aria lo si era capito nel pomeriggio. Interrogato sull’appello dell’Italia alla solidarietà dei partner Ue, il ministro degli Esteri di Madrid Alfonso Dastis aveva replicato che una risposta deve essere decisa a livello europeo: “Le situazioni eccezionali richiedono misure eccezionali – ha affermato a Madrid il capo della diplomazia spagnola, citato da Efe – ma dobbiamo discuterle fra tutti i Paesi” dell’Unione Europea. Sono già lontani i tempi in cui Mariano Rajoy prometteva: sull’immigrazione “concederemo qualsiasi aiuto possibile all’Italia per evitare che si crei una situazione non più gestibile, drammatica”, assicurava il premier il 29 giugno nella conferenza stampa al termine del vertice preparatorio del G20 a Berlino. Oggi anche Emmanuel Macron è tornato a mettere in chiaro un concetto espresso negli ultimi giorni: sì a “forme concrete” di solidarietà, ha promesso il presidente francese nel discorso tenuto dinanzi al parlamento riunito a Versailles, ma no ai migranti economici.
“L’iniziativa italiana ha prodotto dei primi risultati e mi auguro che generino effetti concreti – l’auspicio del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – l’Italia intera è mobilitata per far fronte ai flussi – aggiunge Gentiloni – e chiede una condivisione Ue che è necessaria se si vuole tener fede alla propria storia e ai propri principi. E’ necessaria per l’Italia per evitare che i flussi diventino insostenibili alimentando reazioni ostili nel nostro tessuto sociale“.
Intanto le previsioni indicano che i flussi provenienti dalla Libia non sono destinati a diminuire. L’Onu ha fatto sapere di non prevedere un calo del flusso misto di migranti e rifugiati che giungono in Europa via mare: “Le indicazioni di cui disponiamo non denotano un rallentamento degli arrivi in Libia, il che significa che un più ampio numero di persone potrebbe continuare a provare di lasciare il paese tramite la rotta del Mediterraneo centrale”, ha detto l’inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel, ricordando che dall’inizio dell’anno 84.830 migranti e rifugiati sono giunti in Italia via mare con un aumento del 19% rispetto all’anno scorso.
Sbarchi e porti
Ridurre gli sbarchi è uno degli obiettivi a cui si lavora. In questa partita le Ong sono un attore fondamentale, con una libertà di movimento che ora si vuole limitare: l’ingresso in acque libiche potrebbe essere vietato così come spegnere il trasponder di bordo per la localizzazione e fare segnali luminosi; e la “regia” delle operazioni dovrebbe essere riportata in maniera più definita sotto l’ombrello della Guardia Costiera, il cui ruolo di coordinamento diventerà più forte. Il protocollo sulle Ong potrebbe spingersi a bloccare l’accesso in porto a chi non è in regola. Temi delicati – a cui si aggiunge quello della trasparenza sui finanziamenti – dei quali si parlò già settimane fa quando uscirono i contenuti di un dossier Frontex e quando scoppiò un acceso dibattito attorno alle indagini del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro: organizzazioni come Medici senza frontiere reagirono affermando che nella maggior parte dei casi è il sistema di coordinamento di Roma a dire dove andare. Quanto ai porti di destinazione, più complessa appare invece la possibilità di coinvolgere altri soggetti, come Malta, ipotesi a cui pure si era pensato.
Ricollocazioni
L’altro capitolo chiave è quello della distribuzione dei migranti. L’Italia chiede all’Europa impegni certi e alcune modifiche. Con le regole oggi in vigore accedono alla relocation solo i richiedenti asilo di nazionalità con un tasso medio di riconoscimento pari o superiore al 75%. Una soglia troppo alta, che si chiede di rivedere.
La Libia
L’Europa, però, è solo uno dei teatri di azione. “La partita fondamentale – ha dichiarato Minniti – si gioca in Libia”, “paese di transito” da cui è arrivato “nei primi cinque mesi di quest’anno il 97 per cento dei migranti”. Lì serve “un governo stabile e stiamo lavorando per farlo”. L’idea di un sostegno finanziario più cospicuo per il controllo delle coste va in questa direzione. E sull’emergenza migranti Minniti terrà un’informativa alla Camera mercoledì.
La Marina libica: “Le ong ostacolano accordi con Ue”
Nel frattempo a parlare è la Libia che se la prende di nuovo con quelle che chiama le “cosiddette ong”. “Oltre ad accusare ripetutamente e ingiustificatamente la Guardia costiera e gli apparati per la lotta alla migrazione illegale libici – dice all’AdnKronos il portavoce della Marina di Tripoli, Ayyoub Qasem – ostacolano qualsiasi accordo con la parte europea che aiuti la parte libica nel far fronte al fenomeno”. Qasem accusa le ong di “incoraggiare i migranti illegali, che affluiscono in Libia da oltre 30 Paesi africani e non” e di “non curarsi minimamente della sovranità della Libia sul proprio territorio e sulle sue acque territoriali”. Secondo il portavoce della Marina della Libia “i numeri non sono diminuiti: al contrario i migranti sono in considerevole aumento, oltre il 20 per cento in più rispetto all’anno scorso, un numero record da quando ha avuto inizio il fenomeno”. Secondo il portavoce, “questo è un chiaro indizio del fatto che le misure adottate per fermare o ridurre il fenomeno sono in parte sbagliate, anzi incrementano il numero dei migranti e dei trafficanti”.