“Sono un fotoreporter, non un delinquente”. Mahmoud Abu Zeid, noto come Shawkan, lo rivendica da ormai quasi quattro anni. La giustizia egiziana la pensa diversamente e per questo motivo quei tre anni e 11 mesi Shawkan li ha trascorsi in una prigione del Cairo. Dove peraltro ha contratto l’epatite C, ma per il medico responsabile della prigione va tutto bene.
Domani, 4 luglio, è previsto l’ennesimo appuntamento di fronte al giudice in quella che, di mese in mese, si è trasformata in una serie infinita di udienze brevi e rinvii immediati.
Shawkan è stato arrestato nell’agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana. Le forze di sicurezza fecero centinaia di morti.
Le accuse contro Shawkan e oltre 700 co-imputati sono queste: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.
Se condannato, Shawkan rischia l’ergastolo.