Siamo nelle mani migliori, ma il problema è davvero di difficile soluzione. Marco Minniti è la persona giusta per affrontare con successo le emergenze: l’ho visto all’opera in situazioni estremamente complesse che ha risolto brillantemente. Nella lunga serata delle elezioni politiche del 2006, da piazza Sant’Apostoli Piero Fassino e Romano Prodi avevano intuito che qualcosa non funzionava nei rilevamenti informatici dei voti al Ministero dell’Interno: c’era un appalto di chiavette usb in dotazione ai funzionari che era difettoso (l’appalto era in qualche modo legato al figlio di un ministro del governo Berlusconi). Fassino allora incaricò Minniti, che conosceva bene i dipartimenti del Ministero, di capire cosa stesse succedendo. Minniti allora disse: “Ci vado subito, ma voglio un’auto ufficiale… datemi una macchina”. E Fassino gli mise a disposizione la sua, quella istituzionale (all’epoca era segretario del partito). Tutto si risolse immediatamente dopo il giro ministeriale di Minniti, che sapeva come e dove muoversi.
Oggi il ministro Minniti è alle prese con un compito estremamente complesso ed una macchina istituzionale non basterà. Neanche un aereo, con il quale molto responsabilmente è tornato indietro prevedendo con ampio anticipo l’emergenza. La chiusura e la militarizzazione dei confini austriaci e svizzeri è sicuramente un elemento che inquieta, gli sbarchi aumenteranno con le condizioni del mare che si annunciano ottimali. Il transito di migranti tra le Alpi, preoccupa i transalpini che adesso si preparano a schierare l’esercito o la polizia federale. L’Europa non potrà rimanere a guardare e Minniti non è persona che si lascia mettere i piedi in testa o si arrende difronte alle difficoltà. Abbiamo una oggettiva debolezza sul piano diplomatico, ma non dimentichiamo che fino a poco tempo fa il ministro degli Esteri era Paolo Gentiloni che, anche se appare pacato, appartiene allo stesso stampo generazionale di Minniti.
Vi è una equazione che ci lascia ben sperare: Minniti sta al suo Ministero (Interni) come Gentiloni sta a quello degli Esteri. E’ equazione fondamentale, sapere dove mettere le mani e come muoversi con efficacia e determinazione. Il duo rende questo governo adatto ad affrontare l’emergenza. Non dimentichiamo poi che il Ministero degli Esteri si serve della comunità di Sant’Egidio, in grado di giocare un ruolo fondamentale nei passi diplomatici necessari.
I numeri degli sbarchi campeggiano sulle prime pagine dei giornali come adombrassero catastrofi imminenti. Ma si tratta di cifre infinitamente inferiori rispetto a emergenze naturali cui uno Stato sa che dovrà rispondere. Ci vuole l’Europa con la sua forza. Ci vogliono soldi, ma molti meno rispetto a quelli che ogni mese sono adoperati per pompare la finanza (il quantitative easing di Mario Draghi che ci tiene in forma come fosse pappa reale) e meno di quelli che ci apprestiamo ad usare per salvare le banche. Non abbiamo l’anello al naso e sappiamo che con 2 miliardi le cose potrebbero essere affrontate dignitosamente.
Quindi a Minniti e Gentiloni tocca il compito di far accomodare tutti ad un tavolo, togliersi la giacca, mollare il nodo della cravatta, rimboccarsi le maniche ed affermare che non si uscirà dalla stanza se non con la risoluzione dell’emergenza in mano. Siano essi fondi speciali, strutture speciali, navi speciali, interventi in Nord Africa speciali, si deve governare il flusso dei migranti. Eh sì, perché a volte lo dimentichiamo, ma l’umanità è speciale e merita attenzioni maggiori e speciali, rispetto a quella che i governi generalmente dedicano a merci e denari.