A Siena non si indagherà più sull’ipotesi che David Rossi, l’ex capo della comunicazione di Mps precipitato dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni la sera del 6 marzo 2013, sia stato istigato al suicidio. Il giudice per le indagini preliminari Roberta Malavasi ha infatti disposto l’archiviazione del fascicolo d’indagine aperto con l’ipotesi di reato d’istigazione, accogliendo la richiesta avanzata dalla procura senese. Contro l’archiviazione si è battuta sempre la famiglia dell’ex manager assistita dai suoi legali. Il giudice ha respinto anche la memoria integrativa presentata dai legali della famiglia Rossi in opposizione alla richiesta di archiviazione presentata nel febbraio scorso dalla Procura.
La vicenda, inizialmente archiviata come suicidio, era stata riaperta nel novembre 2015 su richiesta dei legali della famiglia di Rossi che avevano presentato nuove perizie, non avendo mai creduto all’ipotesi del suicidio. Anche i successivi esami autoptici sul cadavere di Rossi, che è stato riesumato, hanno confermato secondo la procura l’ipotesi del suicidio dell’ex manager, perché non sarebbero state trovate prove a carico di terzi. La famiglia Rossi, che non ha mai creduto al suicidio, tramite i suoi legali nelle settimane scorse ha depositato in tribunale una nuova memoria integrativa composta da un video in 3D realizzato il 2 febbraio scorso, con la ricostruzione del luogo dove è avvenuta la morte di David Rossi, schiantatosi al suolo in un vicolo dietro Rocca Salimbeni.
L’udienza si è svolta davanti al gip Roberta Malavasi il 26 giugno scorso e oggi è arrivata la sentenza. La famiglia Rossi aveva chiesto nuovi accertamenti tecnici, anche questi respinti. Nei giorni scorsi Malavasi aveva comunicato agli avvocati della famiglia Rossi la richiesta di archiviazione del fascicolo stralciato con l’ipotesi di reato di omissione di soccorso.