Il privato avanza ma non sfonda – Se il confronto tra le varie città della Penisola è impietoso, la situazione non migliora allargando lo zoom a tutto il Vecchio Continente. “La spesa sanitaria pubblica italiana ‘non riesce a tenere il passo’ con quella dell’Europa occidentale: la minore crescita economica dell’Italia si è traslata in un progressivo ampliamento del gap di spesa, specialmente pubblica, essendo, invece, la spesa sanitaria privata allineata ai tassi di incremento medi Europei”, si legge nella dodicesima edizione del Rapporto sanità Crea. Che stima in oltre 166 miliardi di euro la spesa socio sanitaria italiana nel 2015, quasi 36 miliardi dei quali di provenienza privata. “Qualora si dovessero confermare i tassi di crescita degli ultimi 5 anni, il gap di spesa totale arriverà a sfiorare il 44% nel 2020; e sarebbe ancora peggiore adottando le previsioni di spesa degli organismi internazionali (peraltro già “sposate” a livello nazionale nei documenti di finanza pubblica) – continua lo studio -: in tale scenario si pone un problema evidente di sostenibilità, poiché è difficilmente immaginabile che i livelli assistenziali italiani possano rimanere a lungo comparabili con quelli dell’Europa occidentale a fronte di gap così marcati nei livelli di spesa”.

La assoluta supremazia del servizio pubblico in Sanità è ormai non più riscontrabile nei numeri

Non solo. Secondo l’analisi “l’Italia si colloca al di sotto del valore atteso tanto in termini di spesa pubblica quanto in termini di spesa privata e questo implica una bassa volontà di spendere per la Sanità nel Paese, tanto pubblica che privata”. Le mancanze del pubblico vengono ricondotte alla mancata crescita e al costo del debito, mentre per quanto riguarda la scelta del privato “ci sembra possa essere legata a fattori culturali, derivanti dall’attesa che il sistema universalistico pubblico fornisca tutte le risposte e coperture ai bisogni assistenziali, senza una responsabilizzazione sussidiaria delle famiglie”. Tuttavia è un dato di fatto che la spesa privata abbia raggiunto il 24,4% di quella totale e questo secondo gli studiosi “dimostra che la assoluta ‘supremazia’ del servizio pubblico in Sanità è ormai non più riscontrabile nei numeri”. Che evidenziano la solita forbice tra nord e sud e la conclusione è piuttosto amara: “Purtroppo, l’arretramento relativo della quota di spesa pubblica e il contemporaneo sviluppo delle forme integrative (siano esse polizze individuali o forme collettive) stanno provocando una ulteriore fonte di disparità fra Nord e Sud del Paese: evidentemente, non si tratta di contrastare il fenomeno, reso intrinsecamente necessario dalla carenza di risorse pubbliche, quanto governarlo meglio, onde evitare l’ampliarsi delle iniquità”.

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Sanità, il grande bluff di nuovi Livelli assistenza e vaccini: “Lo Stato promette di più ma è in grado di dare meno”

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