3) L’adozione delle clausole di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato prevista dal trattato consente a gruppi privati di ricorrere ad un arbitrato internazionale qualora vedano i propri investimenti messi a rischio da provvedimenti varati dai governi, limitando la possibilità stessa, da parte dello Stato, di adottare leggi di interesse pubblico che tocchino gli interessi e i guadagni delle aziende.

Gli arbitrati internazionali sono già previsti da tutti i trattati commerciali. Finché venivano usati con i Paesi in via di sviluppo, nessuno si è mai lamentato. Ora che vengono introdotti in accordi commerciali di nuova generazione tra Paesi occidentali, all’improvviso scopriamo che la giustizia arbitrale è odiosa e che le multinazionali vinceranno sempre (balla, non succede quasi mai). E il “diritto a regolare” viene garantito dai trattati, esplicitamente, per evitare che lo Stato sia limitato dal Ceta o dal Ttip. Tutelare gli investimenti è nell’interesse di tutti. Poi l’Europa spinge per una versione migliorativa degli Isds – gli strumenti di soluzione delle controversie – che però agli Usa (nel Ttip) non piace. E’ un punto delicato, ma evitare meccanismi di soluzione delle controversie equivale a dire al nostro partner che ci prendiamo degli impegni ma rivendichiamo anche il diritto di non rispettarli senza incorrere in sanzioni. E una volta che si accetta che un meccanismo deve esserci, poi si lavora sul miglior compromesso. Quindi giudichiamo il compromesso, non il principio.

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Ceta, gli interessi delle lobby e le balle della propaganda

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