A favore del testo hanno votato Pd e Ap. Contro Forza Italia, Cor, Fratelli d'Italia e Lega. L'Italia ha così finalmente il reato di tortura, ma così debole che pm e giudici titolari dei processi sull'irruzione alla scuola Diaz e sui fatti avvenuti a Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 lo hanno definito "in concreto inapplicabile"
L’Aula della Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Il testo è stato approvato da Montecitorio con 198 voti a favore, 35 contrari e 104 astenuti. A favore del testo hanno votato Pd e Ap. Contro Forza Italia, Cor, Fratelli d’Italia e Lega. Ad astenersi sono stati M5S, Sinistra Italiana, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori.
L’Italia ha così finalmente il reato di tortura, ma così debole che pm e giudici titolari dei processi sull’irruzione alla scuola Diaz e sui fatti avvenuti a Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 lo hanno definito “in concreto inapplicabile“. Quindi, il provvedimento fatto per colmare un vuoto normativo contestato anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nasce monco. Al Senato lo stesso primo firmatario Luigi Manconi aveva deciso di non votare per il provvedimento, sconfessando la sua stessa creatura in segno di polemica. Sotto accusa c’è la formulazione del reato che, tra le varie cose, viene limitato ai soli comportamenti ripetuti nel tempo. “Amaro in bocca”, scrive Amnesty international, “ma almeno la parola tortura entra nel codice penale”.
Dopo il via libera del Senato a maggio scorso, non erano mancate le polemiche e gli appelli perché la Camera modificasse il testo. Magistratura democratica in una nota ha dichiarato che si tratta di “un brutto passo falso“. “Il 14 giugno scorso”, si legge, “al termine di un importante convegno a Roma dal titolo ‘Legittimare la tortura?‘, avevamo firmato e diffuso un appello ai parlamentari, per invitarli a non votare il testo uscito dal Senato, perché confuso, inapplicabile e controproducente. Invitavamo i deputati a tornare alla definizione del crimine scritta nella Convenzione Onu contro la tortura, cioè la versione più seria, equilibrata e condivisa al momento disponibile”. A chiedere all’Italia di colmare il vuoto normativo era stata la Corte europea dei diritti umani con la sentenza Cestaro contro Italia (sul caso Diaz) dell’aprile 2015 e lo aveva ribadito con la nuova condanna inflitta al nostro Paese il 22 giugno scorso. “È stato ignorato”, scrive Magistratura democratica, “anche l’appello di undici giudici e magistrati del tribunale di Genova coinvolti negli scorsi anni nei processi per le torture nella Scuola Diaz e nella Caserma di polizia di Bolzaneto: il testo in esame – hanno scritto il 26 giugno alla presidente della Camera – non sarebbe applicabile alla maggior parte dei casi che abbiamo esaminato e che la Corte europea qualifica come tortura”.
Amnesty International ha accolto con amarezza la nuova formulazione della legge, ma ha anche cercato di difenderne alcune parti: “Lascia l’amaro in bocca ma non è, come alcuni sostengono, inutile o controproducente”, ha dichiarato il presidente Antonio Marchesi. “Dopo decenni di discussioni sterili ci si poteva attendere qualcosa di meglio della definizione confusa e restrittiva che entrerà a fare parte del nostro codice: una definizione che non tiene adeguatamente conto della sofferenza mentale che la tortura moderna produce e che vorrebbe che la tortura fosse tale solo in presenza di atti ripetuti“. “Ma dire che è inutile o controproducente è sbagliato, perché si sottovaluta la necessità di porre fine alla eterna rimozione della tortura attraverso il silenzio, scrivendo invece, una volta per tutte, quella parola indicibile nel codice penale”. Critica anche Antigone che non è soddisfatta della legge “per almeno tre punti: la previsione della pluralità delle condotte violente, il riferimento alla verificabilità del trauma psichico e i tempi di prescrizione ordinari”. “Il commissario europeo per i diritti umani ha bocciato il ddl oggi approvato esprimendo mille preoccupazioni di fronte alla sua concreta inutilità. Io non capisco perché la Repubblica italiana che fu patria del diritto oggi ha così paura di una vera legge sulla tortura”, dice invece Ilaria Cucchi, sorella di Stefano.
Attaccano apertamente il ddl anche i deputati del M5s che si sono astenuti. “Dopo quasi 30 anni dalla ratifica della convenzione Onu – dicono – dopo ben tre condanne in sede di Corte europea dei diritti dell’uomo, non sono riusciti ad approvare una legge che punisca per davvero il reato di tortura. È un giorno amaro, in cui il Pd partorisce l’ennesima normativa che troverà difficile applicazione, con paletti e scappatoie che di fatto potrebbero lasciare impuniti i colpevoli e creare caos nei tribunali. Ecco perché ci asteniamo, perché questa legge è scritta male”. Quasi le stesse parole utilizzate da Nicola Fratoianni per spiegare l’astensione di Sinistra Italiana. “Il nostro Paese – dice il leader di Si – aspetta da 30 una legge che definisca la tortura un reato, e che ci metta in linea con le convenzionali internazionali. Quella di oggi in Parlamento invece, come affermato da varie Istituzioni internazionali e dalle associazioni per i diritti umani è un pasticcio, una legge che non consentirà di perseguire in modo efficace chi si rende autore di questi orrendi atti”.
Il Pd ha difeso il suo sì al testo dicendo che “un altro passaggio parlamentare non sarebbe possibile”. “Finalmente, dopo 30 anni, nel nostro ordinamento ci sarà anche il reato di tortura”, ha dichiarato il dem Walter Verini. “Questo è il risultato al quale teniamo e che rivendichiamo. Certo, il testo sarebbe stato più incisivo se non fosse stato modificato quello che approvammo qui alla Camera ben due anni fa. Ma davvero si pensa che un altro passaggio parlamentare sarebbe stato possibile? Ovviamente no. Se avessimo cambiato di nuovo il testo questa legge non sarebbe mai nata. È una legge che colpisce i comportamenti violenti degli appartenenti alle forze dell’ordine, cioè coloro che commettono abusi e che disonorano i corpi di sicurezza ai quali noi tutti dobbiamo essere grati. Non dobbiamo mai dimenticare il compianto capo della Polizia Antonio Manganelli il quale, dopo le violenze alla scuola Diaz di Genova, disse : Ora è il momento di chiedere scusa. Lo disse per difendere l’onore della Polizia. Questa legge colpisce solo chi non onora la propria divisa e al contempo rende giustizia alle vittime degli abusi”.