Filippo Vannoni rischia nuove accuse. Dopo l’indagine per favoreggiamento, i pm della procura di Roma stanno valutando contestare al presidente di Publiacqua Firenze anche nuove ipotesi di reato, nell’ambito dell’indagine Consip. Ieri il manager è stato interrogato – già nella veste di indagato – dal procuratore capitolino Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi e ha ridimensionato le accuse all’attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, in merito alle modalità attraverso le quali venne a conoscenza dell’inchiesta della procura di Napoli sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione.

“Anche Vannoni una prima volta subito prima dell’estate del 2016 e una seconda volta una ventina di giorni fa mi ha detto e ribadito che avevo il telefono sotto controllo; il Vannoni non mi ha detto da chi lo aveva appreso”, ha messo a verbale il 20 dicembre del 2016 l’ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. Un passaggio che era stato contestato al presidente di Publiacqua quando quest’ultimo era stato sentito come persona informata dei fatti dai pm di Napoli. “Ricordo di aver detto a Marroni che aveva il telefono sotto controllo, ma in questo momento non sono in grado di dire chi e in che termini mi abbia dato questa informazione; sicuramente, prima di parlare con il Marroni e dirgli che aveva il telefono sotto controllo, il Lotti mi ha sicuramente detto che c’era una indagine su Consip”. A quel punto i magistrati gli ricordano che come testimone ha l’obbligo di dire la verità e lui aggiunge: “Facendo mente locale vi dico che effettivamente fu Lotti a dirmi che c’era una indagine su Consip. Ricordo che il presidente Renzi mi diceva solo di ‘stare attento’ a Consip”.

Secondo il ministro Lotti Vannoni lo avrebbe subito avvertito delle parole messe a verbale a Napoli.  “Alle mie rimostranze circa la falsità di quanto affermato – ha sostenuto Lotti nel suo interrogatorio –  lui ha ammesso di aver mentito e quando ho chiesto il perché si è scusato in modo imbarazzato, ottenendo una mia reazione stizzita, tanto da avergli detto: non ti do una testata per il rispetto del luogo nel quale siamo”.  Ieri, però, davanti ai pm capitolini Vannoni ha parzialmente cambiato la sua versione dei fatti sul ruolo di “gola profonda” accreditato in un primo momento a Lotti: da qui l’ipotesi dei pm contestargli nuove accuse.

Domani, intanto, è il giorno dell’interrogatorio del pm di Napoli, Henry John Woodcock, che si dovrebbe tenere al di fuori della città giudiziaria per evitare l’assembramento di giornalisti e fotoreporter. I magistrati capitolini accusano il collega partenopeo di rivelazione del segreto d’ufficio, in concorso con la giornalista Federica Sciarelli.  La conduttrice di Chi l’ha Visto è accusata essere stata il tramite per fare arrivare informazioni top secret da Woodcock al giornalista Marco Lillo del Fatto Quotidiano, autore di una serie di scoop sul caso Consip: dall’esistenza stessa dell’indagine – svelata il 21 dicembre del 2016 – al coinvolgimento di Lotti, Saltalamacchia, Del Sette e Tiziano Renzi.

Durante l’interrogatorio al quale è stata sottoposta il 30 giugno scorso, però, Sciarelli ha negato ogni addebbito. Anche Lillo ha escluso qualsiasi responsabilità della giornalista – e del pm Woodcock – riguardo agli scoop pubblicati sull’inchiesta Consip. “Se il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi, volessero sentire la mia versione sono pronto a testimoniare oggi stesso. La verità è che Federica Sciarelli non ha messo in contatto il magistrato Henry John Woodccok con Marco Lillo per scrivere di Consip. La tesi dell’accusa è fondata, da quel che si legge, su un tabulato telefonico del mio cellulare. Ebbene, non c’è grigio in questo caso ma solo bianco o nero: Woodcock e Sciarelli sono innocenti e la Procura si è sbagliata”, ha scritto sul fattoquotidiano.it il giornalista. Che proprio ieri è stato raggiunto a sua volta da un ordine di perquisizione di casa, computer e cellulari emanato dallaprocura di Napoli con l’ipotesi di rivelazione del segreto d’ufficio. Questa volta, però, la violazione sarebbe avvenuta attraverso la pubblicazione del libro Di Padre in Figlio

 

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