Andrea Paolella, nato a Reggio Emilia 33 anni fa, è ricercatore a Montreal presso la più grande azienda statale nel settore dell’energia. In Italia, del resto, gli stimoli lavorativi che erano arrivati dopo la sua laurea in Chimica erano troppo deboli. "Il nostro paese deve pensare a investire nella ricerca. Non si può andare avanti soltanto con moda e agriturismi"
Mi sento come se avessi vinto alla lotteria, anche quando devo affrontare i gelidi inverni canadesi”. A raccontarsi da Montréal è Andrea Paolella, nato a Reggio Emilia 33 anni fa, fresco vincitore della prima edizione del Premio “Genio Vagante”, un riconoscimento destinato agli italiani che si sono distinti all’estero per il loro talento.
La storia lavorativa di Andrea è iniziata nel 2008, subito dopo la laurea in Chimica all’Università di Bologna. Gli stimoli lavorativi che arrivavano dall’Italia si sono rivelati fin da subito troppo deboli: “Per un anno ho pensato di mettere la laurea in un cassetto e mi sono dedicato solo alla fotografia, l’altra mia grande passione”, racconta a ilfattoquotidiano.it. Tra una pubblicazione fotografica e l’altra, però, ha deciso di riprovarci. Si è trasferito a Genova per un dottorato di ricerca in nanotecnologie, che ha poi conseguito nel 2013. Ed è proprio nel capoluogo ligure che ha incontrato Bernadett, la donna che è diventata sua moglie, da cui ha poi avuto una bambina e con cui ha affrontato il passo decisivo del trasferimento.
Il Canada gli è capitato tra le mani un po’ per caso: “Ero a una conferenza a Toronto e un professore mi ha invitato a Montréal per un post-dottorato sui nuovi materiali per batterie Litio ione”, spiega. Lui non ci ha pensato su due volte prima di accettare l’incarico: “L’Italia ha delle università eccezionali e forma degli elettrochimici di grande talento, ma non ci sono abbastanza risorse per la ricerca – sottolinea -, le aziende private hanno perso il treno dell’innovazione e ormai il gap da colmare rispetto alle altre nazioni è troppo grande”.
L’aria che si respira dall’altra parte dell’oceano è di tutt’altro tipo: “Da novembre 2016 sono diventato ricercatore chimico presso la HydroQuebec, la più grande azienda statale nel settore dell’energia – racconta –, lavoro in un team con sessanta persone che arrivano da ogni parte del mondo e la cosa più bella è che seguiamo l’intero processo, dal prototipo iniziale al prodotto finito, che poi vendiamo alle aziende”. Andrea e la sua squadra si occupano principalmente di batterie solide: “Sono quelle che forniscono una maggiore densità di energia e che permetteranno sia agli smartphone che agli electric vehicles un’autonomia quattro o cinque volte superiore a quella di oggi”, spiega. Ma c’è un progetto parallelo, ancora in fase embrionale, che ha già fatto parlare di sé: “Si tratta di un nuovo tipo di batteria per il cellulare, che si auto-ricaricherà con la luce del sole – spiega -, l’idea di partenza è buona ma c’è ancora molto lavoro da fare, anche perché si tratta di un modello assolutamente nuovo”.
Tra la famiglia e il lavoro, di tempo per avere nostalgia dell’Italia ne resta ben poco: “Ovviamente non smetterò mai di essere innamorato del nostro Paese – ammette -, ma io qui ogni mattina mi alzo e penso che sia straordinario fare il lavoro per cui ho studiato così a lungo”. E vista da così lontano, l’Italia appare immobile: “Le aziende private devono decidersi a investire nella ricerca e nell’innovazione, con la speranza che il Paese riparta – sottolinea -, d’altronde come si può pensare di andare avanti solo con la moda o gli agriturismi?”.
Amarezza a parte, Andrea consiglia a tutti di trascorrere un periodo di lavoro all’estero: “Ovviamente parlo in base alla mia esperienza personale, ma non posso fare a meno di pensare che viaggiando hai la possibilità di aprirti al mondo e di migliorare le tue competenze – sottolinea –, a me il Canada, oltre alla sua bellezza, ha offerto una vita dignitosa e questo è qualcosa che non dimenticherò”.