La manifestazione, la più grande dal 2013, è stata in onore delle migliaia di persone incarcerate dopo il fallito colpo di stato dello scorso anno. Conclude la marcia partita da Ankara il 15 giugno. Il leader del partito Chp ha chiesto dal palco la fine dello stato d’emergenza e la tutela di libertà di stampa, eguaglianza e laicità
“Diritti, legge e giustizia“: con questo slogan centinaia di migliaia di turchi hanno manifestato a Istanbul contro il governo autoritario di Recep Tayyip Erdogan. La marcia, messa a punto dalla forza di opposizione Partito repubblicano del popolo (Chp), è stata organizzata in onore delle migliaia di persone incarcerate dopo il fallito colpo di stato dello scorso anno. Quello della capitale è stato l’evento conclusivo della “marcia per la giustizia” partita il 15 giugno da Ankara per iniziativa del Chp all’indomani dell’arresto del suo deputato Enis Berberoglu.
Berberoglu è stato condannato a 25 anni di detenzione, accusato di aver fornito informazioni riservate al quotidiano d’opposizione Cumhurriet. Il cammino di 430 km ha concluso il suo percorso nel quartiere di Maltepe, sulla sponda asiatica della metropoli sul Bosforo, proprio dove si trova la prigione in cui è detenuto Berberoglu. “Abbiamo marciato per i dipendenti pubblici licenziati ingiustamente per decreto, abbiamo marciato perché siamo contro il regime di un uomo solo”, ha spiegato il leader di opposizione Kemal Kilicdaroglu in testa al corteo.
Il leader del Chp, che ha guidato la marcia sin dall’inizio, ha esortato i manifestanti a non smettere di lottare: “Che nessuno pensi che questa sarà l’ultima marcia: il 9 luglio segna il giorno della rinascita. Abbiamo marciato per la giustizia, per i diritti degli oppressi, per i deputati e per i giornalisti in carcere, per i professori universitari licenziati, abbiamo marciato per denunciare che il potere giudiziario e sotto il monopolio dell’esecutivo, abbiamo marciato perché ci opponiamo al regime di un solo uomo. Romperemo i muri della paura”. Dal palco, il politico ha lanciato le sue richieste in 10 punti al governo di Ankara, a partire dalla fine dello stato d’emergenza, che scade tra 10 giorni e che l’esecutivo sembra intenzionato a rinnovare per la quarta volta. Fino all’appello a tutela della libertà di stampa, l’eguaglianza e la laicità.
Secondo il Partito repubblicano del popolo, la marcia è la più grande manifestazione dell’opposizione turca degli ultimi anni. Gli organizzatori hanno fatto sapere che decine di migliaia di persone per mancanza di spazio sono rimaste ai margini dell’area dell’evento. Parlano di circa 1 milione e mezzo di persone in piazza.
Quando Kilicdaroglu lanciò l’iniziativa della marcia, Erdogan lo criticò dicendo che la giustizia va cercata in Parlamento e non nelle strade e paragonò i manifestanti a golpisti e “terroristi“. Minacciando che sarebbero andati incontro a guai giudiziari. Al comizio, secondo quanto riferisce il governatore di Istanbul citato dall’agenzia di stampa Anadolu, sono stati dispiegati circa 15mila poliziotti. L’evento conclusivo è stato ignorato dai mezzi di informazione che sostengono l’esecutivo.
Dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio scorso sono stati eseguiti oltre 50mila arresti e 150mila epurazioni in un anno. L’ppposizione da tempo denuncia la stretta autoritaria di Recep Tayyip Erdogan. Un “golpe civile” che ha avuto inizio con la dichiarazione dello stato d’emergenza, tuttora in vigore, del 20 luglio scorso.