Tagli importanti al costo del lavoro per far fronte ad anni di bilanci in rosso, ma nessuna “mattanza occupazionale” in Unicoop Tirreno come temuto a inizio anno dai sindacati: per gestire 421 esuberi il gigante della distribuzione (un centinaio di punti vendita e 4500 dipendenti tra Toscana, Lazio, Campania e Umbria) e i sindacati hanno siglato un’intesa che prevede cassa integrazione, contratti di solidarietà e uscite volontarie incentivate. Il futuro? Il bilancio consuntivo 2016 recentemente approvato segna una perdita di 38,7 milioni di euro ma secondo il cda si è “chiuso un ciclo difficile e negativo” e se ne sta aprendo uno nuovo “di potenziamento e rilancio”.
Il confronto tra il gruppo cooperativo e sindacati per discutere dei contraccolpi occupazionali del piano industriale 2017-2019 era partito a fine 2016. All’orizzonte si prospettava un vero e proprio bagno di sangue: 481 esuberi “full-time equivalenti” (circa 600 addetti considerando il personale part-time, nda), annullamento del contratto integrativo e una ventina tra cessioni e chiusure di punti vendita. Sindacati e azienda, dopo un lungo braccio di ferro, hanno raggiunto l’accordo generale lo scorso 9 maggio (a firmarlo Filcams-Cgil, Uiltucs, Cisl-Fisascat e Usb). Il numero degli esuberi, sceso a 421, sarà gestito fino a 36 mesi attraverso cassa integrazione e contratti di solidarietà: “Ci auguriamo che entro i prossimi 3 anni possano essere tutti riassorbiti” dichiara al ilfattoquotidiano.it la segretaria della Filcams Toscana Cinzia Bernardini. Niente licenziamenti unilaterali, solo uscite volontarie incentivate (30mila euro lorde il bonus massimo): a quanto si capisce le persone che hanno mostrato interesse a questo percorso sarebbero al momento quasi trecento. Il contratto integrativo resta in piedi, ma alcune voci saranno riviste. In tema di chiusura o cessione di negozi, il confronto resta aperto: “La questione non è ancora chiarita” spiega invece Pieralba Fraddanni, segretaria della Filcams-Cgil livornese.
Il confronto tra azienda e sindacati per mettere a punto i dettagli sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali prosegue. L’ultimo incontro è avvenuto lo scorso 3 luglio a Roma (il prossimo è fissato per l’11). La cassa integrazione a rotazione sarà attivata per un anno nei confronti dei 490 dipendenti della sede di Vignale Riotorto, nel Livornese, dove gli esuberi previsti sono scesi da 160 a 130: “La riduzione media dell’orario annuale sarà pari al 60%, ciò significa che ciascun dipendente potrà restare in cassa intregrazione per non più di sette mesi”, spiega Fraddanni. Il ricorso ai contratti di solidarietà previsto nell’intesa dello scorso 14 giugno per 1.436 lavoratori nella rete di vendita invece slitterà: per il momento nei negozi c’è infatti bisogno di personale per far fronte alle ferie e ai lavori di riorganizzazione. Fraddanni definisce l’accordo “positivo” ma non risparmia critiche all’azienda: “I numeri presentati al tavolo sono spesso cambiati”. Sulla stessa lunghezza d’onda Sabina Bardi, responsabile Uiltucs dell’area livornese: “C’è sempre stata poca chiarezza. L’azienda vorrebbe poi far credere che a pagare per i conti in rosso degli anni passati siano stati anche i manager: non è vero, il peso è caduto sulle spalle dei lavoratori”.
L’azienda ha presentato nei giorni scorsi il bilancio consuntivo 2016 (“anno cruciale per la cooperativa”). L’azienda ricorda in una nota che grazie “all’intervento delle altre cooperative di consumo e di Coopfond, con la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi” è stato possibile arrivare “al raddoppio del patrimonio” e a una “notevole riduzione dell’indebitamento”. La gestione commerciale sta migliorando: “La perdita è in riduzione del 10% rispetto all’anno precedente”. Il risultato gestionale prima delle poste straordinarie è di “meno 12 milioni” ma la perdita complessiva è pari a 38,7 milioni: il gruppo ha infatti “appostato un fondo gestione rischi molto consistente e si sono compresi nel bilancio 2016 gli oneri di ristrutturazione previsti nel prossimo triennio”. Il bilancio 2017 (dopo il passivo di 24 milioni del 2015 e quello di 30,9 del 2014) “sarà ancora di transizione” ma secondo l’azienda inizieranno a produrre risultati i cambiamenti messi in atto: “La riduzione dei costi del personale, la riduzione dei costi di gestione, gli interventi di miglioramento della gestione dei punti di vendita, gli interventi di ristrutturazione fatti e programmati per rilanciare negozi importanti del Lazio”. I primi mesi del 2017 risultano comunque “in linea con un preventivo che prevede il dimezzamento della perdita della gestione caratteristica, una sostanziale tenuta delle vendite e una consistente riduzione dei costi gestionali”.