I vaccini entrano nelle farmacie. Lo prevede un emendamento al decreto vaccinazioni (inizialmente stralciato, poi reintrodotto in attesa del voto finale), a firma di tre senatori di Forza Italia: D’Ambrosio Lettieri, Mandelli (presidente dell’Ordine dei farmacisti) e Rizzotti, approvato dalla commissione Igiene e sanità di palazzo Madama. Lo scopo è aumentare le coperture e agevolare le campagne di profilassi. Il testo definitivo con le modifiche al decreto è stato approvato in commissione la notte di lunedì 10 luglio. La discussione passa adesso all’aula del Senato. Il testo dell’emendamento “autorizza i medici a somministrare i vaccini presso le farmacie aperte al pubblico, in spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e avvalendosi della collaborazione di infermieri o assistenti sanitari, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Le farmacie, dal canto loro, dovranno “rilasciare al paziente una certificazione gratuita dell’avvenuta vaccinazione e spedirne una copia alle Asl, per assicurare l’aggiornamento del libretto delle vaccinazioni”. “Una novità che rende operativa la farmacia di servizio”, commenta a caldo la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che precisa come, dopo l’approvazione del provvedimento, “un decreto ministeriale stabilirà le modalità con cui organizzare il servizio”.

Critiche dall’Ordine dei medici e dai pediatri
La notizia dell’emendamento, però, solleva subito critiche da parte della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) che, in una nota diramata subito dopo l’approvazione, sottolinea come “questo emendamento modificherebbe la normativa vigente che impedisce, per ovvi motivi di incompatibilità di ruoli, di funzioni e per presupposti di conflitto di interessi, lo svolgimento di attività mediche presso le farmacie. La Fnomceo – prosegue la nota – non può accettare che una legge dello Stato, che garantisce trasparenza, identificazione di ruoli e di competenze, venga modificata da azioni che pregiudicherebbero la tracciabilità delle responsabilità, creando ulteriore disorientamento e sconcerto tra gli operatori della salute. A chi giova – si domandano gli esperti – proporre nuove attività presso presidi del sistema sanitario nazionale che introdurrebbero ulteriori elementi di incertezza normativa? E infine: la farmacia ha adeguata copertura assicurativa per la responsabilità di struttura?”.

Anche i pediatri sono critici sul provvedimento, lamentando di essere stati dimenticati nell’ambito della discussione degli emendamenti alla legge sull’obbligo vaccinale in Senato. “Vaccinare non è solo fare una puntura – sottolinea Giampietro Chiamenti, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) -. È, piuttosto, un’attività che richiede competenze professionali, formazione continua, sensibilità, organizzazione, capacità relazionali e facilità di accesso, che le famiglie possono trovare solo nell’ambito delle cure primarie e dell’organizzazione capillare che i pediatri di famiglia e i medici di medicina generale offrono in Italia. La vaccinazione, pertanto – spiega il pediatra -, non può essere demandata ad altre figure professionali non altrettanto adeguatamente formate, e che non possono mettere in campo quel rapporto diretto e fiduciario con le famiglie che rappresenta un fiore all’occhiello del nostro servizio sanitario nazionale”.

Il plauso dei farmacisti
Ai dubbi sollevati in queste ore replica a stretto giro la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), che precisa come “non si tratta in alcun modo di un accaparramento di prerogative di altre professioni sanitarie, in quanto sarebbe comunque il medico a sovraintendere all’inoculazione. Una situazione differente da quella britannica dove, ad esempio – spiegano gli esperti della Fofi -, è il farmacista in possesso di una certificazione a praticare l’immunizzazione antinfluenzale, come previsto anche nella sperimentazione recentemente avviata in Francia. Inoltre, in Canada, nella provincia del Quebec, nelle farmacie sono gli infermieri a praticare non solo la vaccinazione antinfluenzale, ma anche quelle contro epatite A e B e altre destinate alla profilassi dei viaggiatori. Nelle situazioni citate – concludono i farmacisti italiani – il coinvolgimento delle farmacie è stato motivato innanzitutto dalla necessità di aumentare la copertura vaccinale, a fronte di una situazione non ottimale. La possibilità di disporre di un presidio sanitario dove il medico possa effettuare solo e soltanto l’atto professionale cui si riferisce il decreto – spiegano gli esperti della Fofi – può certamente contribuire a snellire le procedure e, soprattutto, può offrire un punto di riferimento nelle località a minore intensità di strutture sanitarie”.

Snellire le procedure è proprio uno dei punti chiave. L’emendamento approvato dalla commissione Sanità del Senato nasce, infatti, con l’intenzione di non congestionare le Asl, in vista dell’inizio del prossimo anno scolastico. Famiglie, operatori sanitari e scolastici, in seguito alla presentazione da parte del Governo del decreto sui vaccini hanno, infatti, da subito sollevato l’attenzione sugli effetti pratici del provvedimento. E, in particolare, sui problemi legati al rispetto delle scadenze.

La vaccinazione nelle Asl
Ma come si svolge attualmente una vaccinazione in una Asl? “La prima fase è entrare in contatto con le famiglie dei bambini. Una possibilità è che siano i genitori stessi a fare richiesta di vaccinazione. L’altra è una chiamata attiva della Asl, che acquisisce i nominativi dei bimbi dall’anagrafe”, spiega Catia Borriello, responsabile di funzione vaccinazione dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano. E nel caso in cui le famiglie siano contrarie alla vaccinazione? “Se a sei mesi dalla nascita i bambini non hanno ancora effettuato la vaccinazione, scatta da parte nostra un sollecito in cui chiediamo conto alle famiglie le ragioni della mancata presentazione – chiarisce Borriello -. Se i solleciti normali non hanno alcun esito, mandiamo una raccomandata ai genitori e contattiamo i pediatri. Ma di fronte a un no esplicito, motivato ideologicamente noi non possiamo obbligare, né ovviamente sanzionare nessuno. Quello che valutiamo in questa fase è, ad esempio, se dietro il no o la mancata risposta ci sia un disagio sociale. Questa procedura rappresenta, quindi, anche un modo per individuare e segnalare queste situazioni. Tuttavia, possiamo dire che prima o poi riusciamo a contattare tutti. Dopo questa fase iniziale di arruolamento – prosegue la dottoressa -, c’è quella ambulatoriale. Nell’ambulatorio vaccinale valutiamo, innanzitutto, le condizioni di salute del bambino, per intercettare eventuali controindicazioni. Poi, una volta effettuata la vaccinazione, c’è un periodo di attesa che, secondo standard internazionali, è di almeno 20 minuti, durante i quali può insorgere un’eventuale reazione anafilattica. Nell’eventualità che ciò si verifichi – spiega Borriello -, siamo pronti a intervenire con iniezioni di adrenalina. I laboratori vaccinali, infatti, hanno sempre in dotazione farmaci, come adrenalina o cortisone e dispositivi medici come, ad esempio, un sistema di ventilazione di emergenza. Una cosa importante che mi preme sottolineare – precisa la dottoressa – è che in ogni fase è sempre presente un medico”. Proprio questo è uno dei punti più criticati di una futura vaccinazione nelle farmacie. “Vedremo come cambieranno le cose. Sono certa – conclude la dottoressa – che la Regione fisserà paletti precisi per tutelare la sicurezza dei bambini, una volta approvato definitivamente il decreto”. Decreto che, intanto, dopo le modifiche in commissione, dovrà adesso essere approvato dall’aula di palazzo Madama. L’obiettivo è affrettare il voto anche a Montecitorio. Il provvedimento, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 7 giugno (qui il link), dovrà, infatti, essere convertito in legge entro 60 giorni.

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