Quando era numero due della giunta di Acquaviva delle fonti, nel 2015 Austacio Busto ricevette da un imprenditore una mazzetta di 5mila euro in cambio di un favore per un appalto. Lui prese i soldi, raccontò l'accaduto al sindaco e insieme andarono a denunciare il fatto ai carabinieri. Oggi, dopo gli arresti, dice a ilfattoquotidiano.it: "Non è stato facile, ma oggi posso guardare a testa alta i miei figli". E aggiunge: "Mi sono dimesso dal Pd nel 2009 perché non c'era più nulla di sinistra in quel partito"
Sono le 19 di un giorno d’autunno del 2015. L’appuntamento è nel garage di Tommaso Procino (Apulia srl). “Era una giornata familiare un po’ particolare – racconta l’ex vice sindaco di Acquaviva delle Fonti, Austacio Busto, oggi assessore ai Lavori pubblici – Mi ha detto che doveva darmi una cosa. Per me era normale incontrarlo perché quella società aveva vinto una gara di appalto durante la precedente amministrazione. L’ho raggiunto. Mi ha consegnato una busta. All’inizio l’ho presa senza pensarci. L’ho lasciata in auto e ho raggiunto i miei figli. Solo dopo averli messi a dormire, ho preso la busta e l’ho aperta: c’erano 5mila euro in contanti in quella busta”.
È questo il punto di partenza dell’inchiesta – condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza – che ha portato a undici arresti, in due filoni differenti ma con un punto in comune: le mazzette. Una storia di intermediari, imprenditori e politici corrotti, assieme a dirigenti comunali. La mosca bianca è il vicesindaco di Acquaviva, Austacio Busto, 52 anni, che rinuncia alla tangente e denuncia l’accaduto. E oggi ripercorre quella giornata a ilfattoquotiano.it: “Ho subito telefonato al sindaco (Davide Carlucci, ndr). Gli ho raccontato quanto accaduto e siamo andati in caserma dai carabinieri per sporgere denuncia. In lacrime – racconta – ho detto agli investigatori che non mi interessava di me, ma che avrebbero dovuto garantire massima sicurezza alla mia famiglia“.
L’esperienza politica di Busto – nato in Svizzera ma come lui afferma “italianissimo” – comincia nel 1993, quando viene nominato ad Acquaviva assessore alle Politiche giovanili in una giunta di sinistra. “La mia esperienza è durata qualche mese, deluso dalle dinamiche del partito, ho deciso di dimettermi“. Poi ci riprova: dal 2001 al 2005 è segretario dei Democratici di sinistra del suo paese. Collabora anche alla creazione del nuovo Partito democratico, ma nel 2009 lascia. Il motivo? “Non c’era più nulla di sinistra in quel partito”. Deciderà di candidarsi in una lista civica nel 2013, momento in cui viene nominato vice sindaco con delega ai Lavori pubblici. Il clima politico continua a non essere disteso. La vecchia dirigenza del Pd che aveva appoggiato la lista civica di Carlucci e Busto, diventa la minoranza. Ad Acquaviva il Partito democratico in pochi mesi passa da 70 iscritti a 700. In tutti i modi i nuovi vertici locali dei dem cercano di ostacolare la giunta. Senza sapere, però, che nel frattempo le indagini – partite dalla prima denuncia di Busto – vanno avanti e quindi è necessario che ognuno rimanga al proprio posto. Busto rinuncia alla carica di vicesindaco, ma prosegue come assessore.
In questi momenti di “crisi politica”, riceve una seconda telefonata. Stavolta dall’imprenditore Salvatore Fatigati che vuole vincere – a tutti i costi – la gara per la costruzione del nuovo teatro comunale. Gli promette 20mila euro. Busto – consapevole che ci sono gli investigatori ad ascoltare – prende tempo. L’imprenditore non vuole aspettare: trova “nuovi amici” negli uffici tecnici e vince la gara. Infine c’è la terza tangente, stavolta consegnata: devono proseguire i lavori per l’ampliamento della rete di acqua reflua e il Comune di Acquaviva riceverà 2milioni di euro. In una busta, Busto riceverà 2mila euro. Le prove sono sufficienti e i carabinieri procedono con gli arresti. L’incubo è finito.
Oggi l’ex vice-sindaco, guardato sempre con diffidenza dalla cittadinanza viene inondato di messaggi di vicinanza e di riconoscenza. “La gente – dice – ha bisogno ancora di buoni esempi“. E precisa: “È molto più facile dare giudizi dalla tastiera: denunciare una tangente non è facile. Io l’ho fatto perché non avrei più potuto guardare i miei figli come oggi posso fare”. Tanti messaggi ricevuti, quindi. Tanti, tranne che dalla nuova dirigenza del Partito democratico di Acquaviva che a – lungo – aveva voluto farlo fuori. Senza dimenticare che uno degli arrestati, Roberto Ottorino Tisci, vicesegretario del Pd del comune, ha gestito il comitato elettorale di Giovanni Giannini, poi diventato assessore ai Lavori pubblici della Regione Puglia e oggi dimessosi dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati.
“Dobbiamo provare a creare un fronte dell’onestà che vada al di là dei partiti politici” dice invece il sindaco Davide Carlucci. “Abbiamo tentato di fare una battaglia corpo a corpo con persone e interessi e l’abbiamo vinta. Ora dobbiamo proseguire in questo senso”. Carlucci specifica che i suoi alleati, quelli del vecchio fronte del Partito democratico, fossero tutti contro “Tisci e i suoi”. Certo in questa vicenda molto politica, bisognerebbe chiedersi come un partito con 70 iscritti se ne ritrovi 700 in pochi mesi. Prima ancora se lo dovrebbero chiedere i dirigenti del partito regionale. L’inchiesta giudiziaria diventa quindi un boomerang all’interno del Pd che – almeno nel Comune di Acquaviva – ha dimostrato di avere molte ombre. Ombre che nessuno ha visto, almeno fino ad ora.