L’attuale martellante e quotidiana spinta politica che Matteo Renzi, con quel che resta del suo Pd, sta imponendo all’agenda parlamentare allo scopo di approvare con fretta assolutamente ingiustificata la nuova legge dello Ius soli temperato, fa pensare immediatamente più alla sua necessità di tenere impegnati i media nazionali su un tema secondario per sviare l’attenzione mediatica dalle indagini su suo padre e su membri importanti del governo “Gentiloni”, piuttosto che alla reale ansia di giustizia sociale che comporterebbe una discussione seria sulla concessione della cittadinanza agli immigrati.
Infatti, ci sono oggi sicuramente in Italia urgenze sul piano economico e sociale molto più gravi, anche se non si può sottovalutare il doveroso principio di accogliere umanamente chi giunge sulle nostre coste bisognoso di tutto. E’ però una questione di numeri, già ora gli sbarchi hanno raggiunto il livello di saturazione per le nostre strutture di accoglienza. E’ perciò del tutto inopportuno in questa fase dare palesi segnali di regolarizzazione a immigrati che non sono entrati regolarmente nel nostro paese.
Chi ha responsabilità di governo in Italia ha il dovere dell’accoglienza solo nei confronti dei rifugiati non verso tutti i desiderosi di emigrare del mondo. E ha il dovere di valutare se il suo popolo e le sue strutture sono pronte, sul piano sociale, organizzativo e culturale ad accogliere nuove ondate di emigranti. Tutti i governi del mondo si comportano così.
La cittadinanza non può essere data “alla leggera” perché, soprattutto se è data in tempi brevi a un gran numero di immigrati provenienti da culture diverse, non solo non darebbe luogo ad integrazione, ma produrrebbe rivolta in chi vede minacciato il proprio equilibrio sociale, costruito in anni di lavoro e sacrifici, da una invasione esterna di “alieni” che il governo non ha saputo fermare.
Il “fenomeno Trump” deve moltissimo a questo sentimento che né i repubblicani né tanto meno i democratici hanno saputo vedere per tempo. Eppure, la cittadinanza Usa non viene data tanto facilmente a chi non è nato negli Usa. Anzi, è attualmente molto più difficile da ottenere rispetto a quella che si vorrebbe dare in Italia con lo Ius soli temperato.
Io sono emigrato in America a fine anni 90 e ho preso la cittadinanza americana in soli 5 anni, ma prima, come tutti, ho dovuto aspettare la “Green card”. La mia è arrivata dopo sette anni e la mia domanda è stata accolta solo perché ho potuto garantire al console americano la mia moralità con una fedina penale intonsa e con la dimostrazione di capacità economiche e reddituali più che soddisfacenti (adesso è tutto più difficile).
Al quinto anno ho dovuto anche superare un esame di lingua inglese e anche della conoscenza almeno basilare della costituzione americana. Infine, ho dovuto fare un vincolante giuramento di fedeltà alle leggi e agli ideali americani.
Il tema della cittadinanza va inquadrato nella sua corretta dimensione separando nettamente l’assoluto bisogno di assistenza dei veri “rifugiati” da quello degli emigranti per altre cause o ragioni per i quali occorre invece stabilire regole tanto precise quanto severe di accoglienza, essendo impossibile accogliere tutti quelli che avrebbero desiderio di emigrare.
Lo Ius soli puro, esiste solo negli Usa per ragioni particolari, quello di Renzi, pur essendo “temperato” contiene ancora eccessivo automatismo. In Italia, è preferibile optare verso un sistema di accoglienza più coerente con le nostre tradizioni culturali, perché la verità è che nessuno al mondo si integra facilmente. Chi emigra si impegna normalmente a fare ciò che è indispensabile per essere accettato dalla comunità nella quale vuole inserirsi (la lingua, il lavoro, gli affari).
Sul piano culturale è vero invece che sono pochissimi quelli disponibili ad abbandonare le proprie radici culturali. Ed è tanto più vero quanto meno evolute culturalmente sono le società dalle quali gli immigrati provengono. In alcuni casi vi sono persino culture ataviche che pretendendo di conservare anche nella nazione di accoglienza le loro usanze primordiali. Non c’è solo il burka, sussistono pervicacemente persino inumane e assurde tradizioni tribali legate alla loro religione e ai loro usi e costumi. Il bimensile Mother jones (in lingua inglese) pubblica nel numero di luglio la storia di una branca religiosa musulmana, la Dawoodi Bohras che pratica tuttora negli Usa la Khatna, una forma di “genital mutilation” alle loro bambine.
E’ una pratica barbarica e illegale, ma sono proprio le stesse mamme a tramandare quella violenta tradizione sulle proprie figlie. Se non trovano nessuno in loco ad eseguire quelle tremende sevizie, organizzano una “vacanza” nei luoghi di origine, dove certamente troveranno chi lo fa. E non sono casi isolati, sono diverse migliaia nel mondo. Potrebbero già esserci anche in Italia, provenienti dall’Africa. E’ comunque assodato che in tutta Europa non si è correttamente tenuto conto della necessità di pretendere una maggiore integrazione ai nostri valori culturali.
Se esiste tuttora persino difficoltà di integrazione tra i popoli del Nord Europa e quelli del Sud, dove le radici culturali sono le stesse ma è diversa in sostanza l’osservanza alle regole di civica convivenza, figuriamoci se è possibile una rapida integrazione tra gli europei e gli africani. Non si può concedere completa cittadinanza a chi non ha assorbito almeno le basi della nostra cultura europea di tolleranza, civismo, pacifismo, costruzione di un welfare di assistenza garantita a tutti.
L’accoglienza senza integrazione poteva essere tollerata nel corpo continentale finché l’immigrazione era una minoranza numerica limitata. Ora che sta diventando una minoranza numerica importante non lasciamo che produca a livello popolare gli stessi effetti che ha prodotto nell’America di Trump, cioè un ritorno a desideri di autarchia, di disgregazione sociale e di vero e proprio razzismo.
La cittadinanza va data, a chi non ne ha diritto per Ius sanguinis, solo al raggiungimento di un livello di integrazione adeguato allo standard europeo, possibile anche in tempi brevi, altrimenti si può procedere, come in America, al rilascio delle green card, che danno, salvo il diritto di voto, quasi tutti i diritti della cittadinanza.