Dalle 500mila pagine dell’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza spunta, nient’affatto a sorpresa, il nome di un undicesimo indagato. Si tratta dell’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, che fu vicepresidente nel consiglio di amministrazione dell’istituto capeggiato da Gianni Zonin. Per quell’incarico (iniziato nel 2011) nel 2015 risulta aver incassato 294mila euro. Riferimenti a Monorchio e al suo ruolo nella gestione della banca in tempi recenti erano già contenuti in alcuni provvedimenti della magistratura vicentina, ma finora senza la conferma dell’iscrizione nel registro degli indagati.
I pubblici ministeri vicentini stanno ormai per concludere la monumentale inchiesta (almeno per il reato di aggiotaggio) che riguarda così dieci soggetti fisici tra cui Zonin e l’ex amministratore delegato Samuele Sorato e lo stesso istituto di credito. Il canovaccio è sempre lo stesso, anche per Monorchio, ovvero i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Con una aggiunta per l’ex Ragioniere, ovvero supposte dichiarazioni non veritiere su alcuni documenti di investimento. Non è escluso che prima della conclusione dell’indagine preliminare Monorchio si presenti nel palazzo di giustizia di Vicenza per farsi interrogare con l’assistenza di un avvocato.
Che il suo ruolo non fosse più defilato lo si era capito a maggio quando la Consob aveva multato Popolare di Vicenza e i suoi vertici per 9 milioni di euro. A Zonin una multa di 370mila euro, a Sorato di 690mila. Ma nell’elenco comparivano anche i due vicepresidenti, Monorchio (85mila euro di sanzione) e Marino Breganze (95mila euro). Consob aveva accertato che la banca aveva violato le discipline in materia di regole di condotta degli intermediari nei confronti della clientela, di prospetto, di offerte al pubblico e informazione societaria. E i comportamenti illeciti risultavano frutto di scelte aziendali riconducibili, a seconda dei ruoli di responsabilità, ai principali livelli decisionali e di controllo esterno alla banca. Anche il vicepresidente, quindi, non era esente da censure rispetto meccanismo di gestione di PopVi.
Monorchio è stato Ragioniere dello Stato dal 1989 al 2002. Poi è andato in pensione, con un appannaggio di circa 10mila euro al mese. E ha ricoperto numerose cariche, tra cui la presidenza di Consap. Cosa ci faceva nella banca vicentina? Evidentemente Zonin sperava che fosse in grado di tenere i rapporti con Bankitalia, quando sperava ancora che la battaglia finanziaria non avesse un epilogo traumatico e devastante. Lo scorso anno il figlio Giandomenico Monorchio fu arrestato nell’inchiesta su Grandi opere e Alta Velocità Ferroviaria Milano-Genova.
Che siano ridotte al lumicino le speranze per gli azionisti di recuperare qualcosa, alla luce del decreto salva-banche, lo ha confermato anche il procuratore capo Antonino Cappelleri. “Gli azionisti, in quanto tali, “sono” la banca. Non avranno diritto a inserirsi come creditori nell’eventuale procedura fallimentare”.
Lobby
Popolare di Vicenza, indagato per aggiotaggio e ostacolo a vigilanza anche l’ex ragioniere dello Stato Monorchio
L'economista, ex vicepresidente del cda dell'istituto, è accusato anche di dichiarazioni non veritiere su alcuni documenti di investimento. A maggio era stato tra gli ex dirigenti multati dalla Consob. In pensione dal 2002, fino al 2014 ha però presieduto la società pubblica Consap
Dalle 500mila pagine dell’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza spunta, nient’affatto a sorpresa, il nome di un undicesimo indagato. Si tratta dell’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, che fu vicepresidente nel consiglio di amministrazione dell’istituto capeggiato da Gianni Zonin. Per quell’incarico (iniziato nel 2011) nel 2015 risulta aver incassato 294mila euro. Riferimenti a Monorchio e al suo ruolo nella gestione della banca in tempi recenti erano già contenuti in alcuni provvedimenti della magistratura vicentina, ma finora senza la conferma dell’iscrizione nel registro degli indagati.
I pubblici ministeri vicentini stanno ormai per concludere la monumentale inchiesta (almeno per il reato di aggiotaggio) che riguarda così dieci soggetti fisici tra cui Zonin e l’ex amministratore delegato Samuele Sorato e lo stesso istituto di credito. Il canovaccio è sempre lo stesso, anche per Monorchio, ovvero i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Con una aggiunta per l’ex Ragioniere, ovvero supposte dichiarazioni non veritiere su alcuni documenti di investimento. Non è escluso che prima della conclusione dell’indagine preliminare Monorchio si presenti nel palazzo di giustizia di Vicenza per farsi interrogare con l’assistenza di un avvocato.
Che il suo ruolo non fosse più defilato lo si era capito a maggio quando la Consob aveva multato Popolare di Vicenza e i suoi vertici per 9 milioni di euro. A Zonin una multa di 370mila euro, a Sorato di 690mila. Ma nell’elenco comparivano anche i due vicepresidenti, Monorchio (85mila euro di sanzione) e Marino Breganze (95mila euro). Consob aveva accertato che la banca aveva violato le discipline in materia di regole di condotta degli intermediari nei confronti della clientela, di prospetto, di offerte al pubblico e informazione societaria. E i comportamenti illeciti risultavano frutto di scelte aziendali riconducibili, a seconda dei ruoli di responsabilità, ai principali livelli decisionali e di controllo esterno alla banca. Anche il vicepresidente, quindi, non era esente da censure rispetto meccanismo di gestione di PopVi.
Monorchio è stato Ragioniere dello Stato dal 1989 al 2002. Poi è andato in pensione, con un appannaggio di circa 10mila euro al mese. E ha ricoperto numerose cariche, tra cui la presidenza di Consap. Cosa ci faceva nella banca vicentina? Evidentemente Zonin sperava che fosse in grado di tenere i rapporti con Bankitalia, quando sperava ancora che la battaglia finanziaria non avesse un epilogo traumatico e devastante. Lo scorso anno il figlio Giandomenico Monorchio fu arrestato nell’inchiesta su Grandi opere e Alta Velocità Ferroviaria Milano-Genova.
Che siano ridotte al lumicino le speranze per gli azionisti di recuperare qualcosa, alla luce del decreto salva-banche, lo ha confermato anche il procuratore capo Antonino Cappelleri. “Gli azionisti, in quanto tali, “sono” la banca. Non avranno diritto a inserirsi come creditori nell’eventuale procedura fallimentare”.
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Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
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Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.