Per la prima volta gli scienziati danno forma ai grovigli proteici che si accumulano nelle cellule nervose di un individuo adulto, portandole progressivamente alla morte e scatenando la patologia. "D’ora in avanti, le possibilità che si apriranno saranno enormi, soprattutto in riferimento alla capacità di disegnare nuove molecole con azione terapeutica” spiega uno dei ricercatori
Per la prima volta gli scienziati danno forma ai grovigli proteici che si accumulano nelle cellule nervose di un individuo adulto, portandole progressivamente alla morte e scatenando l’Alzheimer. Sotto i loro occhi, come una scultura che emerge dalla pietra grezza, ecco prendere forma al microscopio, grazie a una nuova tecnica, la struttura a filamenti fittamente intrecciati di una delle molecole all’origine dell’Alzheimer: la proteina tau. Una molecola che serve a stabilizzare i binari delle cellule. A osservare contorni e dettagli di questi grovigli – a una risoluzione mai raggiunta prima, inferiore a un miliardesimo di metro – un team di ricercatori angloamericani del Laboratorio di biologia molecolare del Research council di Cambridge, e dell’Indiana university school of medicine. I dettagli del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
I ricercatori hanno utilizzato campioni isolati dal cervello di pazienti deceduti per Alzheimer, e li hanno analizzati attraverso una nuova tecnica microscopica. Una metodica che permette di osservarne la struttura così come si presenta nelle cellule, senza alcun artefatto dovuto alla preparazione dei campioni. Gli scienziati descrivo su Nature il loro studio come “uno dei progressi più significativi nell’ultimo mezzo secolo di ricerca” sulla più diffusa forma di demenza, che colpisce a livello globale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), quasi 48 milioni d’individui, di cui circa 1 milione e 200mila solo in Italia. “È un fondamentale passo avanti – spiega Bernardino Ghetti, uno dei coordinatori dello studio -. La proteina tau è, infatti, estremamente importante nella progressione dell’Alzheimer e di altre forme di demenza. D’ora in avanti, le possibilità che si apriranno saranno enormi, soprattutto in riferimento alla capacità di disegnare nuove molecole con azione terapeutica”.
Nonostante fosse noto il ruolo delle proteine tau nello sviluppo dell’Alzheimer e di altre patologie neurodegenerative, finora, infatti, gli scienziati non erano mai riusciti a caratterizzarle, perché invisibili al microscopio ottico. È stato, quindi, necessario mettere a punto una tecnica innovativa, una sorta di criogenia che spinge le molecole a temperature molto basse. In questo modo, è stato possibile studiarne la struttura a livello atomico, attraverso quasi duemila immagini. L’obiettivo è comprenderne a fondo il ruolo nell’insorgenza e progressione dell’Alzheimer, una patologia subdola, che offusca la mente e la capacità di un individuo di riconoscere ciò che gli è più familiare, a partire dagli affetti più cari.
“Conoscendo la sequenza della proteina tau implicata nella struttura di questi filamenti tossici -spiega Ghetti – potremo studiare i meccanismi molecolari che portano all’Alzheimer, e mettere a punto nuove strategie per la prevenzione, la diagnosi precoce e, infine, il trattamento di questa e altre forme di demenza senile. I farmacologi molecolari – conclude lo studioso – potranno, ad esempio, sviluppare nuovi farmaci in grado di prevenirne l’accumulo sotto forma di grovigli”.