“Stop. Questa storia si chiude qua. Ora a Roma si cambia musica. Chiusura dei campi rom, censimento di tutte le aree abusive e le tendopoli. Chi si dichiara senza reddito e gira con auto di lusso è fuori. Chi chiede soldi in metropolitana, magari con minorenni al seguito, è fuori”. Lo aveva promesso il Movimento 5 Stelle nel suo blog del 13 giugno scorso.
Effettivamente, malgrado i numerosi richiami da parte degli enti internazionali che nel 2016 avevano denunciato il nostro Paese per il mancato recepimento delle salvaguardie procedurali previste dal diritto internazionale, nella Capitale gli sgomberi forzati continuano ad annoverarsi tra le principali violazioni che colpiscono le comunità più vulnerabili, quelle che quotidianamente vivono la segregazione estrema e la discriminazione.
Secondo un recente briefing di Associazione 21 luglio “a fronte di una presenza costante di persone rom presenti negli insediamenti informali della città di Roma quantificata nell’ultimo quinquennio intorno alle 2.200/2.500 unità, negli ultimi mesi è possibile stimare un numero non superiore alle mille unità. Il calo numerico è giustificato da rari rientri nel Paese di origine (Romania), da sporadici trasferimenti in altri Paesi europei (Spagna, Francia e Germania) e, in gran parte, dal passaggio dall’insediamento informale a strutture industriali occupate senza titolo. In una città che ha circa 2,9 milioni di abitanti, le persone rom presenti negli insediamenti informali rappresentano pertanto solo lo 0,03% della popolazione romana”.
Non serviva il blog di Grillo a ricordarcelo con il minaccioso “Fuori”. Negli ultimi 8 mesi (1° novembre 2016 – 30 giugno 2017), nella città di Roma, sono stati 28 gli sgomberi forzati che hanno coinvolto le comunità rom con una media mensile pari a 3,5 sgomberi forzati, rispetto alla media mensile registrata negli 8 mesi precedenti pari a 1,5 sgomberi forzati. L’incremento registrato è quindi pari al 133%.
Il numero stimato di persone coinvolte nel periodo 1° novembre 2016 – 30 giugno 2017 è di 478 unità per un costo stimato totale di circa 600.000 euro. Il Municipio maggiormente coinvolto nelle azioni di sgombero forzato è stato il Municipio XI (6 sgomberi), seguito dal Municipio III (5 sgomberi). L’esiguità del numero dei rom presenti negli insediamenti informali e le oggettive situazioni di estrema precarietà delle famiglie in questione dovrebbero far propendere il Comune di Roma per l’attuazione di piani sociali inclusivi di facile realizzazione di reale sostenibilità. In realtà, all’interno del “Piano di Indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle popolazioni rom, sinti e caminanti” presentato dalla sindaca Raggi non è previsto alcun intervento nei confronti di queste comunità.
Tale grave “dimenticanza” porterà inevitabilmente, nel breve-medio periodo, a una escalation delle tensioni sociali, cedendo di conseguenza terreno a un approccio di mero ordine pubblico – gli sgomberi forzati – che illude di colmare il vuoto rappresentato dall’assenza di una visione politica, lede i diritti umani, non rivolve il “problema” ed è economicamente insostenibile.
A sgomberare i rom ci pensano le autorità romane ma anche il fuoco. Domenica scorsa, facendo visita ad una comunità rom di 50 persone il cui insediamento era andato completamente distrutto da un incendio, ho contattato la Sala Operativa Sociale del Comune Roma che però non ha saputo offrire alcuna soluzione alternativa adeguata. “Se fossero state famiglie italiane o straniere che avessero vista le loro abitazioni distrutte da un incendio il Comune di Roma le avrebbe collocate in un hotel – mi è stato detto dall’operatore – Ma loro sono rom…”. E questa è una delle chiavi per comprendere il problema.
Oggi, nella Roma del 2017, l’ultimo gradino della scala sociale non è occupato solo dai rom. E’ condiviso con quei migranti transitanti che, privi di assistenza pubblica, sono presenti nel quartiere Tiburtino. Si tratta di famiglie e persone singole che, nel loro movimento migratorio, non hanno intenzione di fermarsi in Italia collocandosi al di fuori del circuito Sprar (Servizio Centrale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) dell’accoglienza ufficiale.
Solo nel periodo 15 aprile – 30 giugno 2017 sono stati 5 gli sgomberi forzati dei “transitanti” collocati a ridosso della Stazione Tiburtina. Hanno coinvolto una media di 120 persone, tra cui anche minori, e la distruzione delle tende da campeggio, sacchi a pelo e lenzuola donate da privati cittadini. La musica a Roma è davvero cambiata. Ce ne siamo accorti tutti.