Monsignor Galantino risponde alle anticipazioni contenute nel libro di Matteo Renzi, sottolineando che distinguere tra migranti economici e chi fugge dalle guerre "è come fare la distinzione se uno preferisce morire impiccato o alla sedia elettrica". Poi il monito: "Mettere in contrapposizione immigrati e poveri vuol dire alimentare una guerra tra poveri e le guerre tra poveri servono soltanto ai furbi"
L’idea salviniana di Matteo Renzi sui migranti non va giù anche ai vescovi. Dopo i Giovani Democratici e i distinguo nel partito, la frase “aiutiamoli a casa loro” ha provocato anche la reazione della Cei. Il segretario generale della Comunità episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, ha ribattuto che “se non si dice come e quando e con quali risorse precise”, quella frase “rischia di non bastare e di essere un modo per scrollarsi di dosso le responsabilità“.
di Angela Gennaro
Distinguere tra migranti economici e rifugiati di guerra, sottolinea Galantini – “è come descrivere due tipi di povertà” e “è come fare la distinzione se uno preferisce morire impiccato o alla sedia elettrica”. Alle anticipazioni contenute nel libro Avanti, scritto dall’ex presidente del Consiglio, nel quale si ripropongono i “non possiamo accoglierli tutti”, “non abbiamo l’obbligo morale di accoglierli” e si mette fine alla “logica buonista e terzomondista”, i vescovi italiani rispondono con una proposta: “Noi lanciamo la campagna ‘Liberi di partire-liberi di restare’ con 30 milioni dall’otto per mille di aiuti concreti”.
Davanti ai numeri record degli sbarchi registrati nel 2017, è l’esortazione del segretario della Cei, “mi piacerebbe che” si “muovessero le coscienze e le agende politiche” perché “questo scarto enorme di poveri non può essere lasciato ai margini”. Galantino rimarca infine che “legare immigrati e poveri è importante perché sono scarti entrambi, metterli in contrapposizione vuol dire invece continuare ad alimentare una guerra tra poveri e le guerre tra poveri servono soltanto ai furbi”.