Secondo Repubblica, il responsabile dello stabilimento è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Venezia dopo la denuncia della Digos. L'accusa è apologia di fascismo. Polemiche sul segretario Pd che lavorò nel bagno
Il gestore del lido fascista “Punta Canna” di Chioggia è indagato. Secondo la Repubblica, quotidiano che per primo ha dato notizia del caso, Gianni Scarpa è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Venezia dopo la denuncia della Digos. L’accusa è quella di apologia del fascismo. I cartelli e le scritte che facevano riferimento al fascismo, sono stati rimossi su ordine del prefetto di Venezia.
Al fianco di Scarpa si è subito schierato il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che ha scritto un post sulla sua pagina Facebook per esprimere solidarietà al titolare del lido di Chioggia. “Indagato per apologia di fascismo. Pazzesco. Lasciate lavorare in pace la gente!” ha scritto il segretario federale del Carroccio, sottolineando che “con assassini, spacciatori e clandestini a spasso, lo ‘stato italiano’ processa le idee”. Non solo. Assicurando di mettersi “a disposizione di Gianni per un’eventuale difesa legale“, Salvini ha anche annunciato che “mi viene voglia di andare a trovarlo a Chioggia”. A corredo del post gli hashtag #pdacasa e #leideenonsiprocessano.
Intanto sui giornali fa discutere anche un’altra rivelazione: come scrive la Verità, nelle cucine e nello staff dello stabilimento ha lavorato anche il segretario Pd di Chioggia Terry Manfrin. Secondo quanto scrive il quotidiano, il dem, che in un primo momento aveva negato, è stato assunto per tre giorni e pagato con i voucher, come racconta lui stesso in una breve intervista. Il 23 giugno scorso aveva firmato un contratto, anche se poi è stato chiamato per pochi giorni. “Alcuni miei amici coetanei sono proprietari di alcune quote societarie e mi hanno chiesto se, in caso di bisogno, avessi potuto andar lì ad aiutare”, aveva dichiarato. Al Corriere della Sera, Manfrin ha detto di non “avere mai visto i cartelli con le massime del Duce”: “Così come non ho visto i busti nell’ufficio di Scarpa né sentito i suoi comizi al microfono”. E chiude: “Decideranno i giudici”, in merito al caso, “io di sicuro lì non ci torno”.