“Non voglio gli egiziani, non è voi che cerchiamo”. La frase che, secondo i testimoni oculari, sarebbe stata pronunciata dall’attentatore di Hurghada, suona come uno smacco, un affronto contro i piani del governo egiziano che sembrava aver scelto il 2017 come l’anno definitivo per il rilancio del turismo. Al momento non c’è ancora nessuna rivendicazione ma l’attacco avvenuto questo pomeriggio nella spiaggia della cittadina sul Mar Rosso, conferma che l’attività terroristica nel paese – che negli ultimi mesi si è concentrata maggiormente contro i cristiani – continua a destabilizzare anche le località turistiche.

I sogni di rilancio del governo sono ancora un volta rimandati e il 13% del Pil che si registrava prima del 2011 con le entrate dei visitatori stranieri è ancora un lontano miraggio. L’economia del turismo – che nel 2010 registrava 14 milioni di viaggiatori – era entrata in profonda crisi con la rivoluzione di piazza Tahrir nel 2011. Da allora la ripresa non è mai arrivata, nel 2013 dopo il colpo di stato e gli scontri che erano seguiti, molti resort del Mar Rosso avevano sospeso le loro attività per la prima volta.

Nel 2015 c’era stata una flebile ripresa con le entrate che avevano registrato un attivo di 7 miliardi di dollari. Ma il segno più era durato solo 10 mesi: nell’ottobre del 2015 l’esplosione dell’airbus russo partito da Sharm El-Sheik con a bordo 224 persone tra turisti e equipaggio ha provocato il blocco dei voli russi sull’Egitto e l’avvio di un piano di sicurezza in collaborazione con il governo di Mosca. Inoltre, i 4 anni di governo dell’attuale presidente Abdel Fattah El-Sisi hanno registrato un clamoroso fallimento nelle politiche anti-terrorismo, che, come denunciato da molti attivisti per i diritti umani, hanno solo giustificato una repressione contro le libertà personale senza precedenti.

Il 2017 doveva essere l’anno della svolta: il governo egiziano aveva lanciato una campagna su Trip Advisor, potenziando i contenuti multimediali su numerose mete turistiche marittime e culturali e alimentando nuove speranze di recuperare il mercato europeo e americano. Lo scorso aprile alla BIT (la Borsa del Turismo) di Milano, il Ministro del Turismo egiziano, Mohamed Yehia Rashed aveva fatto capolino tra i vari tour operator dispensando ottimismo e calcolando un numero di turisti pari a 8 milioni per tutto il 2017. La campagna promozionale aveva suscitato non poche critiche tra l’opinione pubblica italiana visto il caso ancora irrisolto di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato morto con evidenti segni di tortura al Cairo nel febbraio del 2016.

“Con questa attività promozionale vogliamo incoraggiare i turisti italiani a scegliere l’Egitto per le loro vacanze estive e sostenere gli operatori turistici. Recentemente, sono stati introdotti nuovi collegamenti per il Mar Rosso dagli aeroporti di Milano, Bergamo, Verona, Bologna, Roma, Napoli e Bari“, aveva affermato a maggio Emad Fathy Abdalla, direttore dell’Ente del turismo egiziano. Secondo Abdalla, a febbraio il numero di arrivi dall’Italia aveva registrato un incremento del 26% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Il trend era promettente anche oltre oceano, con il 20% in più di turisti provenienti dagli Stati Uniti nei primi sei mesi del 2017 (rispetto al primo semestre dello scorso anno).
Ma la vivace attività terroristica nel paese è in grado di demolire qualsiasi promozione del turismo. Lo Stato Islamico in Egitto è presente dal 2014, quando Ansar Bayt Al-Maqdis, gruppo precedentemente affiliato ad Al-Qaeda, ha giurato fedeltà al califfato prendendo il nome di Wilayat Sina (provincia del Sinai).

“Dalla seconda metà del 2013 l’Egitto ha visto un’escalation di attentati, circa tremila”, spiega a Il Fatto Quotidiano.it, Allison L McManus, Research Director del Tahrir Institute For Middle East Policy. “Non possiamo dire che le operazioni anti terrorismo abbiano depotenziato le attività dello Stato Islamico nel Nord del Sinai. Al momento, la loro capacità operativa e sempre più forte così come lo è la loro propaganda”.

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