La crudeltà dietro al prosciutto non è un caso isolato, lo mostra il nuovo video in allevamenti Consorzio di Parma.
Nel mese di dicembre abbiamo diffuso attraverso media nazionali un video chiamato Prosciutto Crudele, che mostrava condizioni di detenzione inidonee, violenze degli operatori e gravi stati di sofferenza per i maiali in un allevamento romagnolo fornitore del Prosciutto di Parma. Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo, sono state riprese perfino da media inglesi, cinesi e di Hong Kong, e hanno portato a controlli del Corpo Forestale, che ne ha riscontrato la veridicità, trovando una situazione critica in quella struttura.
Dopo quel video, che ha avuto tra i vari social più di 1 milione di visualizzazioni, il Consorzio del Prosciutto di Parma e tutti quelli che lavorano nel settore si sono affrettati a difendersi nell’unico modo possibile, dicendo in sostanza che quelle sono situazioni che è giusto condannare ma che si tratta di un caso isolato, il resto della produzione non è affatto così.
Questa cosa del “si tratta di un caso isolato” la sentiamo dire da molti anni, ogni qualvolta la nostra associazione mostri situazioni di grave sofferenza per gli animali in allevamenti o macelli. Ma se accade sempre, e sempre più spesso, possiamo ancora chiamarlo “un caso isolato” o è piuttosto un problema sistemico?
E come nostra risposta abbiamo diffuso un nuovo video, questa volta girato in ben 8 allevamenti in 5 province tra Emilia Romagna e Lombardia nei primi mesi di quest’anno. Anche stavolta tutti fornitori del Prosciutto di Parma. E le immagini sono terribili, talmente forti che alcune abbiamo dovuto censurarle.
Attenzione: le immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità
Contemporaneamente alla diffusione mediatica del video abbiamo provveduto a segnalare gli allevamenti coinvolti al Corpo Forestale dello Stato e al Nirda – Nucleo Investigativo Reati a Danno degli Animali, oltre che ai Nas. Di fronte a queste immagini siamo ancora così sicuri di poter dire che “si tratta di un caso isolato”?
Certo non tutti gli allevamenti saranno crudeli come questi ma sicuramente tutti o quasi hanno gli stessi problemi. Sono i problemi inevitabili in un metodo di allevamento dove gli animali cessano di essere quello che sono e vengono considerati alla stregua di oggetti, da stipare nel minor spazio possibile per il maggiore guadagno. Basti pensare che sono circa 9 milioni i maiali allevati in Italia, e quasi tutti in allevamenti intensivi nella Pianura Padana.
Ed è qui il nocciolo della questione. In fondo un marchio vale l’altro, non ci vogliamo affatto accanire contro il Consorzio del Prosciutto di Parma: ciò che vogliamo far vedere è che anche dietro l’eccellenza del Made in Italy, dietro le garanzie Dop e Doc, si possono nascondere enormi sofferenze e maltrattamenti.
E questo accade soprattutto quando di fronte a un tale video chi è direttamente coinvolto afferma che la nostra denuncia “attribuisce al Consorzio e ai suoi produttori le responsabilità di una vicenda per la quale invece non ne ha. Manifestare la propria indignazione è lecito e doveroso, ma va rivolta a coloro che sono coinvolti nell’attività di allevamento: gli allevatori e coloro che effettuano i controlli”. Eppure quelle nel video sono aziende da cui si riforniscono e che dovrebbero seguire un disciplinare da loro redatto. Nemmeno una parola su eventuali provvedimenti o un impegno a maggiori controlli. Solo uno scaricabarile.
Sembra che al Consorzio di Parma interessi di più cancellare ciò che causa danni all’immagine che non cercare di arginare o risolvere dei problemi. Questo suggerisce almeno il fatto che negli scorsi mesi sia stata oscurata la prima indagine Prosciutto Crudele da tutti i nostri canali web.
Noi lo consideriamo un grave attacco alla libera informazione, perché simili immagini dovrebbero essere viste da tutti, a prescindere dalle proprie idee e scelte alimentari. Perché sommate a situazioni simili denunciate in precedenza dalla nostra associazione o da altre realtà mostrano un quadro preoccupante di diffusa inosservanza anche dei pur minimi requisiti di legge sul benessere degli animali.
E mostrano soprattutto una totale indifferenza verso il dolore e l’agonia di animali che il Trattato di Lisbona ha definito “Esseri Senzienti” e che come tali andrebbero considerati. Ma che negli allevamenti intensivi da cui proviene la nostra carne, da cui viene il prosciutto anche dei maggiori marchi, sono trattati come macchinari da riproduzione e ingrasso.
Non è un caso isolato. Questa è la realtà e non possiamo fare finta che sia diversa o che non esista. Sta a noi non mettere la testa dentro la sabbia ma domandarsi seriamente quali siano i modi per risolvere il problema. Anche come semplici cittadini e consumatori.