La storia thriller delle opere che secondo diversi critici non sono dell'artista livornese finisce dai carabinieri. Palazzo Ducale, dopo una prima difesa d'ufficio, si dice "parte lesa". Il curatore giura che sono tutti lavori documentabili ma è sotto inchiesta. Così l'esposizione chiude in anticipo
Cent’anni fa a fare scandalo furono i nudi: “Hanno i peli” contestò il commissario della gendarmeria di Parigi mentre chiudeva prima del tempo la prima personale di Amedeo Modigliani alla Galleria Berthe Weill. Oggi la storia si ripete. Modigliani, l’esposizione al Palazzo Ducale di Genova, chiude con due giorni di anticipo, anche se per motivazioni diverse: le accuse di un allestimento definito approssimativo, didascalie errate, informazioni biografiche poco precise, ma soprattutto 13 opere con il marchio del sospetto che siano falsi. “Neanche un bambino le avrebbe autenticate” ha detto Carlo Pepi, collezionista toscano, grande esperto delle opere di Dedo, che già nel 1984 era stato tra i pochi a bollare come false le teste della celebre beffa dei ragazzi livornesi nella quale erano caduti fior di critici d’arte. Da quel momento è iniziata una storia che assomiglia a un thriller, con un’inchiesta dei carabinieri, critici contro, il Comune di Livorno che – irritato – chiede la restituzione dei dipinti che ha prestato alla mostra, inaugurata a marzo. Ma ora c’entrano anche i tribunali: ci sono tre indagati (tra cui uno dei curatori Rudy Chiappini) per falso di opere d’arte, truffa e ricettazione, mentre 21 opere sono finite sotto sequestro per effettuare alcuni rilievi scientifici. Così Palazzo Ducale, dopo una prima difesa d’ufficio, si dice parte lesa.
La mostra pronta al trionfo
Trenta opere, tre curatori di fama internazionale – Rudy Chiappini, Dominique Viéville e Stefano Zuffi -, laboratori per bambini, tante attività e una formula espositiva che, diceva Palazzo Ducale, avrebbe puntato all’equilibrio tra solidità dei contenuti e appeal per il grande pubblico. E poi la sinergia con un colosso del settore culturale e artistico: Mondo Mostre Skira che già aveva curato nel 2014 Amedeo Modigliani et ses amis a Palazzo Blu di Pisa, e nel 2015 Amedeo Modigliani e la Bohème di Parigi alla Gam di Torino. Gli ingredienti per un successo, insomma, c’erano tutti. Ma dopo qualche settimana si sono levate lamentele sui social e soprattutto tra i conoscitori dell’artista di cui in questi giorni si è ricordato il compleanno.
Le accuse dei critici: “Falsi i ritratti di Soutine e Kisling”
E infine è arrivato Pepi che ha guardato il catalogo della mostra genovese e ha indicato almeno 13 dipinti “dubbi”: tra questi anche il celebre ritratto di Chaïm Soutine, quello di Moïse Kisling, un famoso nudo e alcune nature morte a doppia firma Kisling/Modigliani. Qualche giorno dopo in sostegno di Pepi è arrivato anche il critico francese Marc Restellini, presidente dell’Institut Restellini e fondatore della Pinacotheque de Paris, che sta ormai da anni lavorando al nuovo “catalogo ragionato” sull’opera omnia conosciuta di Modì. Secondo Restellini un terzo dei dipinti esposti è falso e il suo istituto è in possesso di tutte le prove scientifiche per dimostrarlo. Il critico cita tra l’altro Christian Parisot, condannato in Francia per contraffazione e frode quando era presidente degli Archivi Modigliani e poi nuovamente arrestato in Italia nel 2013 con gli stessi capi d’accusa. La mostra genovese curata da Rudy Chiappini si rifarebbe proprio al vecchio Catalogue raisonnée Parisot. Ma i colpi di scena non si fermano: improvvisamente si fa vivo anche l’esperto francese Marc Ottavi, catalogatore ufficiale dell’opera di Moïse Kisling, che con una nota scritta dichiara falsi un dipinto attribuito al pittore polacco e le tre opere a doppia firma Kisling/Modigliani, chiedendone il ritiro immediato.
Arrivano i carabinieri
La storia finisce dai carabinieri, ai quali Pepi presenta un esposto. L’Arma avvia un’inchiesta con il nucleo operativo per la tutela del patrimonio culturale e nomina consulente Mariastella Margozzi, storica dell’arte della Galleria d’Arte Moderna e funzionario del ministero per i Beni culturali. La relazione della Margozzi sostiene che le opere esposte al Ducale siano “fortemente dubbie”: i dipinti non presenterebbero infatti i tratti caratteristici del segno di Modigliani. Il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio nomina un nuovo perito, la professoressa Isabella Quattrocchi, che ancora oggi sta studiando il caso.
Il curatore si difende, Palazzo Ducale fa inversione
Chiappini dalla Svizzera, dove vive dopo esser stato per vent’anni direttore del Museo d’Arte Moderna di Lugano, respinge le accuse. Con lui anche Palazzo Ducale, che dichiara di poter documentare senza problemi tutte le opere esposte con un dossier di 90 pagine. All’indomani della relazione della Margozzi, anzi, aggiunge che le opere sono già state esposte in altre mostre (tra cui Pisa e Torino) e quindi documentabili, mentre Palazzo Ducale, dopo averlo inizialmente appoggiato, fa un’inversione a U scaricando la responsabilità dell’organizzazione dell’esposizione su Mondo Mostre Skira e sullo stesso curatore.
Livorno: “Ridateci le nostre opere: quelle sono vere”
Va a finire che litigano anche il Comune di Livorno e Palazzo Ducale. L’assessore livornese alla Cultura, Francesco Belais, nel giorno in cui si festeggia il compleanno di Amedeo (12 luglio), scrive una lettera provocatoria: “Rivogliamo le nostre opere, che non meritano di essere accostate a lavori tanto controversi” scrive Belais riferendosi a tre lavori del museo Fattori, un paesaggio giovanile e due disegni. Era stato il sindaco Filippo Nogarin a chiedere all’organizzazione della mostra di fare chiarezza, all’inizio del pasticcio. Ma “chiarezza non è stata fatta – dice l’assessore – e dunque noi rivogliamo le nostre opere, che non meritano di essere accostate a lavori tanto controversi”. La richiesta è stata respinta da Genova, ma tutto è superato dalla chiusura anticipata della mostra. E dell’agonia.