Secondo Sofocle, i dadi furono ideati da Palamede, per distrarre i compagni durante il lungo assedio di Troia. Secondo Erodoto, invece, la loro invenzione si deve agli abitanti della Lidia.
Il cubo di Rubik è il rompicapo più popolare di tutti i tempi, ma prima di trovare la sua strada è stato rifiutato da moltissimi editori, sorte che lo accomuna a tanti altri best-seller.
Ma di cosa stiamo parlando? Si tratta, per una volta, di un consiglio di lettura, ma la sto prendendo alla larga. Ci sono i giochi e c’è la gente che gioca, in famiglia, con gli amici, al circolo o dove gli pare. Parlo di giochi in generale, non di giochi d’azzardo, per una volta lasciamoli stare; parlo di Monopoli, di Cruciverba, di Scacchi, di Carcassonne, di Briscola, di Backgammon, di Sudoku, di Magic, di Ciclotappo, di Fantacalcio e chi più ne ha più ne metta. Mi seguite?
Normalmente la gente gioca e basta, semplicemente perché gli piace e non si pone troppe domande. Poi c’è qualche giocatore che la prende un po’ più sul serio e approfondisce uno o più giochi, studia le strategie, diventa più bravo degli altri, si cimenta nei tornei, partecipa a Campionati, vince qualche trofeo. Anche questi “esperti” normalmente giocano e competono perché sono portati a farlo e non si pongono troppe domande.
Una ben più esigua minoranza si pone questioni più profonde, magari vuole capire che cosa stia facendo: “Vabbè, noi giochiamo, ma cosa sono i giochi?” Domanda molto più difficile di quanto possa sembrare e per provare a farsi un’idea dovrà giocoforza addentrarsi un po’ nella filosofia e nella sociologia, partendo necessariamente da Ludwig Wittgenstein, dall’Homo Ludens di Johan Huizinga e da I giochi e gli uomini di Roger Caillois. E poi, tanti auguri!
Quasi nessuno invece riflette che i giochi non appaiono dal nulla, ma una loro storia ce l’hanno, qualcuno li ha inventati, in qualche modo si sono diffusi. Insomma, la Storia dei Giochi non è una materia popolare ed è un peccato, perché si tratta di argomento ricco e affascinante e pure sorprendentemente correlato con tante altre materie.
Ma ora le cose possono cambiare, perché Andrea Angiolino – giocatore, autore e storico dei giochi – ha pubblicato un libro importante, che può far uscire queste storie dalla ristretta cerchia degli specialisti per farle conoscere a un vasto pubblico. Si chiama Storie di giochi. Dal nascondino al sudoku, è edito da Gallucci e appunto racconta la storia di molti giochi, con uno stile simpatico e divertente, godibile da tutti. Scrive Angiolino nella sua premessa:
“Indagare la storia dei giochi è senza dubbio divertente: abbondano fatti sorprendenti e colpi di scena. È anche una ricerca molto istruttiva: rintracciando le origini degli scacchi e del mercante in fiera, del Monopoli e del cruciverba, incontriamo personaggi famosi e grandi eventi storici di cui possiamo imparare qualche aspetto meno noto. Inoltre, i giochi ci insegnano molte cose su chi li pratica: possiamo davvero dire di conoscere meglio i popoli antichi e gli abitanti di altri continenti se scopriamo di più sul loro modo di giocare“.
Del resto, Angiolino è davvero uno dei pochi che si occupano seriamente di giochi in Italia; la sua opera più celebre è probabilmente il Dizionario dei giochi, edito da Zanichelli (2010) e scritto, dopo anni di serie ricerche, in collaborazione con Beniamino Sidoti. Negli ultimi anni si è sempre più focalizzato proprio sulla Storia dei giochi, tanto che ne ha fatto parecchi bei racconti a Wikiradio su Rai Radio 3. Vi consiglio di ascoltarvene alcuni, per esempio quella su Alex Randolph, straordinario personaggio, unanimemente considerato l’inventore della professione di inventore di giochi.
Ma torniamo alle Storie di giochi edite da Gallucci, volume arricchito con le illustrazioni di Alessandro Satta, che hanno intento decorativo e non illustrativo. Lo sapevate che I Coloni di Catan (Klaus Teuber, Kosmos, 1995; in Italia Giochi Uniti), vero classico fra i moderni giochi da tavolo, ha venduto 23 milioni di scatole fra gioco base ed espansioni?
Lo sapevate che Monopoli, l’archetipo dei moderni giochi in scatola, edito da Parker Brothers nel 1933 e attribuito a Charles Darrow (un ingegnere disoccupato, durante la Grande Depressione) sostanzialmente esisteva già dal 1903, quando era stato proposto da Lizzie Magie col nome di The Landlord’s Game (Il gioco del padrone di casa)? Questa è una storia lunga e interessantissima, pensate solo che la Magie voleva promuovere le teorie economiche di Henry George, che riflettendo sul paradosso dello sviluppo americano (produttore di grande povertà oltre che di ricchezza), propugnava un sistema di tassazione della proprietà. Ne è uscito un gioco che è un po’ l’emblema del capitalismo e il cui logo (il celebre omino con baffi, cappello e bastone) altro non è che la raffigurazione del finanziere monopolista J. P. Morgan.
Lo sapevate che il gioco di carte speciali maggiormente diffuso al mondo è Uno, che in realtà altro non è che una variante con carte apposite di Dernier, un gioco di pubblico dominio che si faceva con un normale mazzo di 52 carte? E si potrebbe andare avanti a lungo!
Giusto per non sembrare troppo di parte, mi permetto un piccolo appunto. Come sapiens, io mi definirei un classificatore-catalogatore ed è forse per questo che mi manca un bell’indice. Ma sono sicuro che questa assenza sia una precisa scelta editoriale, per indurre chi ha in mano il volume a sfogliarlo, anche casualmente: queste storie, infatti, possono venir lette in qualsiasi ordine.
Dario De Toffoli
Esperto in giochi
Società - 15 Luglio 2017
Giochi, dagli scacchi al Monopoli: una storia piena di colpi di scena
Secondo Sofocle, i dadi furono ideati da Palamede, per distrarre i compagni durante il lungo assedio di Troia. Secondo Erodoto, invece, la loro invenzione si deve agli abitanti della Lidia.
Il cubo di Rubik è il rompicapo più popolare di tutti i tempi, ma prima di trovare la sua strada è stato rifiutato da moltissimi editori, sorte che lo accomuna a tanti altri best-seller.
Ma di cosa stiamo parlando? Si tratta, per una volta, di un consiglio di lettura, ma la sto prendendo alla larga. Ci sono i giochi e c’è la gente che gioca, in famiglia, con gli amici, al circolo o dove gli pare. Parlo di giochi in generale, non di giochi d’azzardo, per una volta lasciamoli stare; parlo di Monopoli, di Cruciverba, di Scacchi, di Carcassonne, di Briscola, di Backgammon, di Sudoku, di Magic, di Ciclotappo, di Fantacalcio e chi più ne ha più ne metta. Mi seguite?
Normalmente la gente gioca e basta, semplicemente perché gli piace e non si pone troppe domande. Poi c’è qualche giocatore che la prende un po’ più sul serio e approfondisce uno o più giochi, studia le strategie, diventa più bravo degli altri, si cimenta nei tornei, partecipa a Campionati, vince qualche trofeo. Anche questi “esperti” normalmente giocano e competono perché sono portati a farlo e non si pongono troppe domande.
Homo ludens
Prezzo: 19.95€
Acquista su AmazonUna ben più esigua minoranza si pone questioni più profonde, magari vuole capire che cosa stia facendo: “Vabbè, noi giochiamo, ma cosa sono i giochi?” Domanda molto più difficile di quanto possa sembrare e per provare a farsi un’idea dovrà giocoforza addentrarsi un po’ nella filosofia e nella sociologia, partendo necessariamente da Ludwig Wittgenstein, dall’Homo Ludens di Johan Huizinga e da I giochi e gli uomini di Roger Caillois. E poi, tanti auguri!
Quasi nessuno invece riflette che i giochi non appaiono dal nulla, ma una loro storia ce l’hanno, qualcuno li ha inventati, in qualche modo si sono diffusi. Insomma, la Storia dei Giochi non è una materia popolare ed è un peccato, perché si tratta di argomento ricco e affascinante e pure sorprendentemente correlato con tante altre materie.
Ma ora le cose possono cambiare, perché Andrea Angiolino – giocatore, autore e storico dei giochi – ha pubblicato un libro importante, che può far uscire queste storie dalla ristretta cerchia degli specialisti per farle conoscere a un vasto pubblico. Si chiama Storie di giochi. Dal nascondino al sudoku, è edito da Gallucci e appunto racconta la storia di molti giochi, con uno stile simpatico e divertente, godibile da tutti. Scrive Angiolino nella sua premessa:
Storie di giochi. Da nascondino al sudoku
Prezzo: 3.99€
Acquista su Amazon“Indagare la storia dei giochi è senza dubbio divertente: abbondano fatti sorprendenti e colpi di scena. È anche una ricerca molto istruttiva: rintracciando le origini degli scacchi e del mercante in fiera, del Monopoli e del cruciverba, incontriamo personaggi famosi e grandi eventi storici di cui possiamo imparare qualche aspetto meno noto. Inoltre, i giochi ci insegnano molte cose su chi li pratica: possiamo davvero dire di conoscere meglio i popoli antichi e gli abitanti di altri continenti se scopriamo di più sul loro modo di giocare“.
Del resto, Angiolino è davvero uno dei pochi che si occupano seriamente di giochi in Italia; la sua opera più celebre è probabilmente il Dizionario dei giochi, edito da Zanichelli (2010) e scritto, dopo anni di serie ricerche, in collaborazione con Beniamino Sidoti. Negli ultimi anni si è sempre più focalizzato proprio sulla Storia dei giochi, tanto che ne ha fatto parecchi bei racconti a Wikiradio su Rai Radio 3. Vi consiglio di ascoltarvene alcuni, per esempio quella su Alex Randolph, straordinario personaggio, unanimemente considerato l’inventore della professione di inventore di giochi.
Dizionario dei giochi
Acquista su AmazonMa torniamo alle Storie di giochi edite da Gallucci, volume arricchito con le illustrazioni di Alessandro Satta, che hanno intento decorativo e non illustrativo. Lo sapevate che I Coloni di Catan (Klaus Teuber, Kosmos, 1995; in Italia Giochi Uniti), vero classico fra i moderni giochi da tavolo, ha venduto 23 milioni di scatole fra gioco base ed espansioni?
Lo sapevate che Monopoli, l’archetipo dei moderni giochi in scatola, edito da Parker Brothers nel 1933 e attribuito a Charles Darrow (un ingegnere disoccupato, durante la Grande Depressione) sostanzialmente esisteva già dal 1903, quando era stato proposto da Lizzie Magie col nome di The Landlord’s Game (Il gioco del padrone di casa)? Questa è una storia lunga e interessantissima, pensate solo che la Magie voleva promuovere le teorie economiche di Henry George, che riflettendo sul paradosso dello sviluppo americano (produttore di grande povertà oltre che di ricchezza), propugnava un sistema di tassazione della proprietà. Ne è uscito un gioco che è un po’ l’emblema del capitalismo e il cui logo (il celebre omino con baffi, cappello e bastone) altro non è che la raffigurazione del finanziere monopolista J. P. Morgan.
Lo sapevate che il gioco di carte speciali maggiormente diffuso al mondo è Uno, che in realtà altro non è che una variante con carte apposite di Dernier, un gioco di pubblico dominio che si faceva con un normale mazzo di 52 carte? E si potrebbe andare avanti a lungo!
Giusto per non sembrare troppo di parte, mi permetto un piccolo appunto. Come sapiens, io mi definirei un classificatore-catalogatore ed è forse per questo che mi manca un bell’indice. Ma sono sicuro che questa assenza sia una precisa scelta editoriale, per indurre chi ha in mano il volume a sfogliarlo, anche casualmente: queste storie, infatti, possono venir lette in qualsiasi ordine.
Articolo Precedente
Le pareti trasparenti viste dalla collina
Articolo Successivo
Cari registi, possibile che nessuno di voi faccia squillare il telefono di Severino Saltarelli?
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
Speculazione edilizia, dopo l’arresto dell’ex dirigente retromarcia di Sala e Schlein: “Non ci sono più le condizioni sul Ddl Salva Milano”
Zonaeuro
Von der Leyen vuole scavalcare il Parlamento Ue per far approvare il piano di riarmo: “No al voto in aula”. Macron: “Discutere della deterrenza nucleare in Ue”
Economia & Lobby
Ora anche la Germania chiede meno vincoli sui conti: la linea del rigore si sgretola per le armi
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Il Comune di Milano, alla luce delle indagini che recentemente hanno riguardato l’urbanistica, ricorda di aver già messo in atto diverse misure. Ad esempio con apposita delibera di Giunta, datata febbraio 2024, lo Sportello unico per l'edilizia (Sue) si è adeguato alle interpretazioni del gip in tema di pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia e lo scorso settembre è stato modificato il regolamento della Commissione per il paesaggio, "rafforzando ulteriormente il principio di trasparenza che lo guida e prevedendo che almeno 8 componenti su 15, compreso il presidente, per l’intera durata dell’incarico non svolgano attività di libera professione nel territorio comunale".
Lo scorso novembre sono state introdotte regole "molto restrittive" sui contatti tra funzionari dello Sportello unico per l'edilizia e gli utenti privati. E' invece datato primo marzo 2025 l’avvicendamento di alcuni dirigenti, mentre nel maggio 2023 il Consiglio comunale ha approvato la delibera di Giunta relativa all’aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e a novembre 2024 sono stati aggiornati anche i criteri di monetizzazione dello standard.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione Nazionale di Settore, che si è riunito oggi, ha approvato all’unanimità l’ammissione a Socio del Gruppo Azimut | Benetti. "Sono stato eletto nel 2019 con il mandato di unificare sotto una forte rappresentanza associativa tutta la filiera del settore" ha sottolineato il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi. "Sono orgoglioso, all’approssimarsi del termine del mio mandato, del raggiungimento completo di tale obiettivo con il ritorno in Associazione del Gruppo Azimut | Benetti. e sottolineo con soddisfazione l’adozione all’unanimità della delibera di ammissione da parte degli Organi statutari", ha aggiunto.
"Crediamo fermamente che un'industria nautica più unita sia un'industria più forte, capace di affrontare le sfide globali con maggiore coesione e visione strategica. Lavorare insieme significa non solo consolidare il ruolo dell'Italia come leader mondiale nella nautica, ma anche promuovere innovazione, sostenibilità e crescita per l’intera filiera. La scelta di aderire a Confindustria Nautica è espressione di questo impegno" ha commentato Marco Valle, Amministratore Delegato del Gruppo Azimut | Benetti.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - "Dalla lettura dell’Industrial Action Plan della Commissione Ue per l’automotive emergono ancora di più la necessità e l’urgenza di un nuovo percorso verso la mobilità decarbonizzata che integri il principio della neutralità tecnologica". Ad affermarlo in una nota è Matteo Cimenti presidente di Assogasliquidi-Federchimica in rappresentanza delle filiere dei gas liquefatti (Gpl e Gnl).
"Sono ormai a tutti evidenti – prosegue Cimenti – le difficoltà nel raggiungere gli obiettivi del 2035 e successivi. In questo contesto, la Commissione si è impegnata ad accelerare la revisione del regolamento CO₂ per le auto, che partirà da un’analisi dei dati, di tutti gli sviluppi tecnologici rilevanti e dell’importanza di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa. Ci aspettiamo quindi che le Istituzioni comunitarie (a cominciare dal Parlamento europeo) rivedano il bando relativo ai motori a combustione interna e riconoscano tutte le tecnologie capaci di contribuire alla decarbonizzazione del trasporto, inclusi i biocarburanti. I prodotti gassosi anche nella loro versione bio e rinnovabile si distinguono come soluzioni concrete e immediate per ridurre le emissioni di CO₂".
Incomprensibile la chiusura sul fronte del trasporto pesante, dove il Gnl e il bioGnl rappresentano già oggi la soluzione più pronta e disponibile. Nel Piano non è prevista alcuna apertura per giungere alla revisione del Regolamento sulle emissioni di CO₂ dei veicoli pesanti: "La nostra richiesta e il nostro auspicio – conclude Cimenti – è che nella fase attuativa del Piano appena presentato, le Istituzioni europee lavorino anche su questo fronte nella direzione auspicata, l'unica in grado di coniugare sviluppo industriale competitivo, raggiungimento degli obiettivi ambientali e attenzione ai consumatori".