Terremoto giudiziario su A2a. Il colosso dell’energia e dei servizi di Brescia e Milano, che ha chiuso il 2016 con più di 5 miliardi di ricavi, si dice “estraneo ai reati ipotizzati” nell’inchiesta della Dda di Brescia su un traffico di rifiuti dalla Campania e dal Lazio verso il Nord, in cui risultano indagati tra gli altri l’ex responsabile commerciale di A2a Ambiente Marco Piglia e – in qualità di legale rappresentante dell’azienda – il presidente e amministratore delegato Fulvio Roncari. Ma nelle carte dell’indagine degli ex pm bresciani Silvia Bonardi e Francesco Piantoni (ora a Milano e Roma), che ha portato alla luce un insolito traffico di rifiuti dal Centro-Sud verso i grandi impianti di smaltimento del Nord, gli inquirenti prendono nota anche di un incontro diretto tra i vertici di A2a Ambiente e il gestore della società di intermediazione di rifiuti Crystal Ambiente di Brescia, al centro dell’interesse investigativo.
Secondo la ricostruzione dei magistrati 10mila di tonnellate di rifiuti di Napoli sarebbero finite, tra il 2014 e il 2015, nell’inceneritore bresciano gestito da A2a grazie alla triangolazione con l’impianto della B&b di Torre Pallavicina (Bergamo), in cui le ecoballe entravano come rifiuti campani ed uscivano figurando come rifiuti lombardi, senza ricevere alcun trattamento se non un grossolano passaggio in un trituratore Hammel, installato abusivamente secondo la Procura: in questo modo sarebbe stata aggirata la norma sull’autosufficienza regionale dello smaltimento dei rifiuti urbani. Prima di finire nell’inceneritore di Brescia, le partite di rifiuti venivano intermediate da società di brokeraggio, tra cui la Crystal Ambiente. È in questo contesto che il 24 giugno 2015 i carabinieri del Noe di Milano intercettano una serie di telefonate sul cellulare del broker Zanni “ritenute assai significative circa la conoscenza diretta tra lui (proprietario al 50 per cento della società Crystal Ambiente e compartecipe con Paolo Bonacina nell’asset societario di New Energy Fgv) e Fulvio Roncari, presidente del Cda della società A2a Ambiente”. Quel giorno “i due, come evidenziano le telefonate intercettate – scrivono i carabinieri – si incontravano a pranzo presso il ristorante Il Labirinto di via Corsica a Brescia”.
Un pranzo, vale la pena sottolinearlo, non è indice di alcuna condotta illecita. Ma, se confermato, sarebbe il segno che i vertici della multiutility avevano contatti diretti con gli intermediari che trattavano i rifiuti di Napoli. Nel corso dell’incontro, secondo gli inquirenti, l’ad Roncari “assicurava sulla parola, e senza ricorso ad alcuna procedura di gara, la possibilità di conferimento di rifiuti presso gli impianti” di A2a. In quei giorni infatti l’inceneritore di Brescia risultava fermo per manutenzione, e l’organizzazione aveva difficoltà a smaltire le ecoballe campane e a onorare i contratti sottoscritti con la Sapna. Al termine del pranzo, il broker bresciano riferisce l’esito dell’incontro a un altro imprenditore dei rifiuti, che commenta: “Almeno se tornano alla normalità con questo cazzo di forno un po’ di fatturato riusciamo a farlo!”.
A2a Ambiente, dal canto suo, ribadisce di aver “sempre operato nel rispetto delle normative vigenti e dei vincoli imposti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale”, e l’amministrazione comunale di Brescia, retta dal sindaco del Pd Emilio Del Bono, fa quadrato intorno alla multiutility di cui possiede insieme al Comune di Milano il 50 per cento delle quote. Le opposizioni attaccano: la Lega ha proposto l’istituzione di una “commissione d’inchiesta comunale per fare piena luce” sulla vicenda, mentre il M5s ha chiesto “più controlli sui rifiuti in entrata allo stabilimento bresciano e una moratoria sui rifiuti in provincia di Brescia”. Da tempo, infatti, i comitati ambientalisti riuniti nel tavolo Basta Veleni pretendono dati certi sulla provenienza dei rifiuti importati da fuori Regione, e bruciati nella terza linea dell’impianto, di cui chiedono la chiusura. Ma mentre i bresciani si impegnavano nel nuovo programma di raccolta differenziata, con la prospettiva di ridurre i rifiuti e le emissioni, migliaia di tonnellate di ecoballe campane finivano nell’inceneritore di A2a con l’ingannevole “etichetta” di rifiuti nostrani.