Dall’inizio del 2017 Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, sta attraversando l’America per conoscere i suoi concittadini, secondo quanto si legge sui suoi post. Da almeno una decina d’anni ogni anno Zuckerberg affronta una “sfida personale”, un’impresa difficile alla quale dedica o soldi o energie oppure entrambi per 12 mesi. Nel 2009, ad esempio, ha scelto di indossare la cravatta ogni giorno, qualche anno dopo ha giurato che avrebbe mangiato soltanto carne macellata con le sue mani, e sul suo profilo Facebook scriveva post di questo genere: “Ho appena ucciso un maiale e una capra con le mie mani”.
Zuckerberg è un eccentrico ma è anche il quinto uomo più ricco al mondo grazie a Facebook, il padre di tutti i social, due miliardi di utenti attivi ed un valore di mercato di 446 miliardi di dollari. Una miniera di informazioni sull’umanità che non ha rivali al mondo. Infatti Facebook raccoglie ogni giorno 600 trilioni di byte di notizie che archivia in una sorta di “magazzino dati” da dove queste vengono regolarmente rivendute, ad esempio alle imprese pubblicitarie.
Facebook ha anche una serie di strumenti ad hoc per massimizzare l’uso di tali risorse, strumenti più economici di quelli offerti dalle grosse think thank. Ne sa qualcosa Donald Trump, la macchina elettorale del presidente degli Stati Uniti ne ha fatto ampio uso per ‘persuadere’, è questa la parola chiave della campagna elettorale, gli americani a votare per lui.
Quali sono questi strumenti e come funzionano? La risposta conferma i timori peggiori riguardo al pessimo funzionamento della democrazia nell’era digitale e dei social dal momento che gli americani non hanno votato un’idea politica, sono stati usati per produrre i giusti slogan elettorali. In altre parole è possibile influenzare l’elettorato e farlo votare per un candidato invece che per un altro sfruttando il profilo psicologico delle masse, o meglio della maggioranza dei votanti. La politica non c’entra nulla!
Cambridge Analytica, una delle imprese usate da Trump per raccogliere dati sull’elettorato, ha utilizzato un sito di Amazon chiamato Mechanical Turk per pagare centomila americani un paio di dollari ciascuno per compilare un sondaggio online. Per ricevere i soldi i partecipanti hanno dovuto scaricare un app che dava accesso a Cambridge Analytica ai profili dei loro amici di Facebook che includevano i loro “likes” e le loro liste di contatto. Naturalmente ai partecipanti non è stata comunicata questa verità. Altre 185.000 persone sono state reclutate per accedere ad altri 30 milioni di profili di Facebook. Ancora una volta, nessuno di questi 30 milioni di individui sapeva che i loro dati erano stati raccolti e analizzati per una campagna politica americana.
A questo punto bisognava utilizzare i dati grezzi. I gestori della campagna di Trump hanno investito 2 milioni di dollari in annunci promozionali su Facebook, ed hanno poi caricato tutti i profili dei sostenitori di Trump in questa piattaforma pubblicitaria. Utilizzando uno strumento di Facebook chiamato Customer Audiences e Customer Lists hanno accoppiato i sostenitori reali con soggetti identici virtuali, nel gergo doppelgangers. Infine grazie ad un altro strumento di Facebook, li hanno categorizzati per razza, etnia, sesso, posizione sociale ecc.
Il gruppo di individui così costruito è stato usato per trovare persone con interessi e qualità simili utilizzando un altro strumento di Facebook il Lookalike. A tutti questi individui sono stati mandati messaggi elettorali per verificarne l’efficacia attraverso Brand Lift di Facebook. Man mano che la campagna procedeva la spesa digitale pubblicitaria saliva fino a 70 milioni di dollari al mese, la maggior parte della quale era su Facebook (Facebook e altri siti online hanno anche portato a Trump almeno 250 milioni di dollari in donazioni). Durante tutta la campagna Facebook è stato usato per testare decine di migliaia e talvolta centinaia di migliaia di annunci elettorali. Il tutto per un costo di gran lunga inferiore a quello di imprese specializzate in questo settore.
La stessa metodologia è stata applicata ad altri social, anche se su scala ridotta. Questa tattica ha prodotto messaggi elettorali di successo, quelli giusti per essere eletti, messaggi basati su quello che la maggioranza della gente o il segmento di votanti che fa la differenza tra la sconfitta e la vittoria, i cosiddetti swing voter, volevano sentirsi dire. Dietro questa vittoria, naturalmente, non c’è nessun messaggio politico e ce ne siamo accorti da un pezzo. Ma non solo il candidato eletto non ha presentato alcuna visione politica del futuro ma ha semplicemente proiettato le immagini nascoste nella psiche della maggioranza, a sei mesi dall’insediamento alla Casa Bianca continua a farlo.
Spaventoso più che preoccupante. Oggi George Orwell non parlerebbe più del Grande fratello ma di come sia facile raccogliere in rete l’ignoranza della moltitudine e proporla come piattaforma politica per ammazzare la politica.
Tornando a Zuckerberg è chiaro che il proprietario di Facebook gira il suo paese non per conoscerlo ma per altri motivi, grazie al vastissimo patrimonio digitale che possiede non solo ha sempre il polso dell’America ma anche del resto del mondo. Sembrerebbe più logico che il viaggio attraverso gli Stati Uniti per cenare a casa di famiglie comuni, partecipare alle feste di paese e pescare con i pescatori dell’Alaska sia un’azione pubblicitaria per farsi amare dagli utenti. E già, perché quando questi si renderanno conto che Facebook è una finestra sulla loro vita sempre aperta da dove i potenti della terra li condizionano, allora sì che ne vedremo delle belle!