La decisione con cui, la scorsa settimana, l’Alta corte di Londra ha respinto un esposto della campagna contro il commercio di armi, ha di fatto stabilito che l’Arabia Saudita può continuare a compiere crimini di guerra in Yemen anche con le armi britanniche.
La campagna si era rivolta alla giustizia londinese sostenendo l’ovvio, ossia che le forniture di armi all’Arabia Saudita potrebbero essere usate per compiere gravi violazioni del diritto umanitario nel conflitto armato in corso in Yemen dal marzo 2015, in cui da allora si contano oltre 13.000 morti e feriti tra la popolazione civile.
Secondo le Nazioni Unite, inoltre, almeno sette milioni di yemeniti sono letteralmente alla fame e sono stati registrati oltre 300mila casi di colera e 1600 morti da contagio: tutte conseguenze dirette del conflitto e della quasi impossibilità di far giungere aiuti umanitari, cibo e medicinali ai civili.
Inutile è stato segnalare al tribunale che già nel febbraio 2016 un alto funzionario civile britannico, il direttore dell’Organizzazione per il controllo delle esportazioni aveva raccomandato al governo di sospendere i trasferimenti di armi all’Arabia Saudita. La decisione dell’Alta corte non solo è pericolosa di per sé, ma potrebbe essere usata da altri governi per giustificare l’invio di armi all’Arabia Saudita.
Come nel caso dell’Italia. Attraverso continue forniture di bombe prodotte in Sardegna, il nostro governo sta violando il trattato sul commercio delle armi e la legge italiana 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a paesi coinvolti in conflitti armati.
Un’ampia coalizione, di cui fanno parte il comitato per la riconversione della Rwm Italia, Archivio disarmo, Rete italiana per il disarmo, Fondazione banca etica, Oxfam, Movimento dei focolari, Medici senza frontiere e Amnesty international da tempo sollecita parlamento a prendere la parola e chiedere la sospensione dei trasferimenti di armi all’Arabia Saudita. Un gruppo eterogeneo di parlamentari si è impegnato a farlo.