9 maggio 2011. Viene isolata sugli slip e i leggings della vittima una traccia biologica da cui si estrae il Dna di Ignoto 1. Dopo mesi e centinaia di confronti si scopre che il sospettato è figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. La salma dell’autista di Gorno viene riesumata (7 marzo 2013): la probabilità che siano padre e figlio è del 99,999%, ma non basta per risolvere il caso. Si riparte dal Dna mitocondriale di Ignoto 1 per trovare la madre. La comparazione nel giugno 2014 con Ester Arzuffi (Dna nelle mani degli investigatori dal 27 luglio 2012) porta al match: sono madre e figlio al 99,999%.
16 giugno 2014. Il presunto assassino di Yara ha un nome: è Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, residente a Mapello. Sarà il ministro dell’Interno Angelino Alfano ad annunciare via Twitter il fermo. Sposato, padre di un bambino e due bimbe, il suo Dna (acquisito con un alcoltest) combacia con Ignoto 1. Per lui l’accusa è di omicidio con l’aggravante di aver adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà. Un delitto aggravato anche dall’aver approfittato della minor difesa, data l’età della vittima.
3 luglio 2015. Inizia il processo contro Bossetti. A giudicare l’imputato, che rischia l’ergastolo, la Corte d’assise di Bergamo composta dal presidente Antonella Bertoja, dal giudice a latere e da sei togati popolari. In aula non sono ammesse telecamere, né cellulari o strumenti che permettano di riprendere imputato o testimoni. L’11 marzo 2016, l’imputato prende per la prima volta la parola in aula. “Quel Dna non mi appartiene: è un Dna strampalato, che per metà non corrisponde. È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda visto che non ho fatto niente”, dice ribadendo la sua innocenza.