30 giugno 2017 – Si apre a Brescia il processo d’appello davanti alla Corte presieduta da Enrico Fischetti, accanto il giudice a latere Massimo Vacchiano e sei giurati popolari. L’aula resta vietata a telecamere e fotografi. Bossetti “non insensibile al fascino delle ragazzine” ha ucciso Yara: contro di lui “ci sono più elementi che, uniti alla prova decisiva del Dna, danno la sicurezza della colpevolezza”, sostiene il pg Marco Martani. La richiesta è “ergastolo, più isolamento diurno di sei mesi”; per la calunnia verso l’ex collega non ha diritto ad attenuanti. I giudici negano alla difesa la possibilità di mostrare dei video.
6 luglio 2017 – Gli elementi contro Bossetti “non consentono di condannarlo. Se avete dubbi dovete assolvere”, è l’appello dei difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini che chiedono l’assoluzione e in subordine la perizia. “Quel Dna non è il suo, non c’è stato nessun match, ha talmente tante criticità – 261 – che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori”, sostengono. L’assenza di mitocondriale nella traccia 31G20 va ‘risolta’ concedendo una perizia, non chiedendo “un atto di fede”. Chi ha ucciso Yara “è un perverso sessuale sadico, è l’opposto esatto di Bossetti”.
17 luglio 2017 – Dopo l’ultimo appello di Bossetti – nel corso della quinta udienza – è attesa la decisione dei giudici: confermare la condanna all’ergastolo, riformare la sentenza di primo grado, assolverlo o concedere la perizia sulla traccia mista trovata sugli indumenti della vittima. In quest’ultimo caso i giudici d’appello affiderebbero a dei periti l’incarico di ripetere l’analisi dei reperti alla presenza delle parti, riaprendo di fatto il dibattimento.