Winnie the Pooh, l’orsetto di pezza frutto della fantasia dello scrittore britannico A.A. Milne, diventa il bersaglio della censura cinese. La sua colpa? Quella di richiamare alla mente il presidente Xi Jinping. Le maglie del Great Firewall, il sistema di censura online made in China, si sono strette sulle ricerche e sui post relativi a Winnie per i timori di presunti riferimenti derisori alla massima leadership. Il blocco, riportato per primo dal Financial Times, è stato piuttosto severo nel weekend: il nome cinese “Piccolo orso Winnie” è stato bandito dalle maggiori piattaforme social del paese, come Sina Weibo e WeChat, rispettivamente il Twitter e il Whatsapp cinese.
Winnie the Pooh blacklisted by China’s online censors https://t.co/82UUEjob9l
— Financial Times (@FinancialTimes) 16 luglio 2017
Nessuna spiegazione ufficiale è stata fornita da Pechino, ma fin dal 2013 gli osservatori più attenti ironizzano sulla presunta somiglianza tra l’orso Disney e il loro presidente. Una foto di Xi Jinping a passeggio al summit di Sunnyvale, in California, con Barack Obama aveva ricordato a molti quella di Winnie the Pooh a fianco di Tigro, l’esuberante tigrotto tra i personaggi del fumetto per ragazzi. L’anno successivo una stretta di mano tra Xi e il premier nipponico Shinzo Abe era stata abbinata a Winnie che stringe lo zoccolo del malinconico e pensieroso asinello Eeyore, altro personaggio di punta del cartone.
La nuova stretta va inquadrata nei preparativi del 19esimo congresso del Partito comunista cinese in programma tra pochi mesi, chiamato a varare l’ingresso ai vertici della “sesta generazione” e a consolidare la posizione del presidente: Xi vuole non vuole la minima sorpresa, al punto da imporre riunioni preparative senza precedenti, perché le assise si svolgano in modo “tranquillo e stabile”.