“Vedi, ho chiamato per nome Besalèl, figlio di Urì, figlio di Cur, della tribù di Giuda”: è il passo della Bibbia che ha ispirato il famoso sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo con la genealogia di Kmer e Pdor. Quel medesimo brano delle Sacre Scritture, che parla della consegna delle Tavole della legge a Mosè, ha storicamente suggestionato il Garante della privacy che nel tempo ha sfornato un decalogo dietro l’altro.
Negli anni ci siamo così beccati, tra gli altri, il decalogo sulla videosorveglianza (29 novembre 2000) sulla propaganda elettorale (9 settembre 2005), quello semplificato per i notai (a dicembre 2005), su corpo e privacy (il 9 maggio del 2006), sulla privacy a scuola (settembre 2012), su smartphone e privacy (a dicembre 2014) e così a seguire.
L’ultima iniziativa dell’autorità garante per la Riservatezza dei dati personali è appena arrivata. Intitolata “Estate in privacy” si presenta nominalmente come un prodotto cinematografico dei fratelli Vanzina e in alternativa evoca le immancabili diete per chi non vuole sfigurare in spiaggia o – combinazione professionale per il garante – i consigli del dermatologo per evitare problemi cutanei dovuti all’eccessiva esposizione solare.
La premessa goliardica è d’obbligo, non foss’altro che per trovare refrigerio nella calura di stagione, sarebbe un peccato non esaminare in maniera altrettanto simpatica gli ammonimenti che ha stilato chi si preoccupa di tutelare la nostra riservatezza. Andiamo a osservare le regole una per una.
1. Non esporsi troppo con selfie e foto
La prima raccomandazione del Garante riguarda il caso di istantanee scattate con il coinvolgimento involontario di persone estranee nel raggio di azione dell’obiettivo. Il testo reso pubblico dice che “è sempre meglio accertarsi prima che queste siano d’accordo”.
Ho provato a immaginare una coppietta che ha sempre sognato un selfie a San Marco a Venezia o nei pressi di piazza San Pietro a Roma. Per fare la foto i due sventurati dovranno chiedere a centinaia di soggetti, magari previa identificazione, se accordano il loro consenso in caso di pubblicazione dello scatto su un qualsiasi social. L’operazione, che senza l’indicazione del Garante sarebbe durata meno di un minuto, comporta un piccolo appesantimento burocratico di qualche ora.
Se poi l’area non viene opportunamente transennata e si consente l’arrivo o il passaggio di individui non ricompresi nell’elenco dei consenzienti, l’adeguarsi alle esortazioni dell’Authority può non avere mai fine e quindi è sconsigliato a turisti mordi-e-fuggi o a gitanti con scarse attitudini all’intrattenimento amministrativo.
E’ fondamentale non incappare in chi presta il cosiddetto “consenso parziale”, che accetta di apparire nell’immagine solo se ripreso da una certa angolazione che non penalizzi il suo profilo o con espressioni estremamente fotogeniche. A rigore, una volta fatto il clic è necessario sottoporre il risultato a chi è rimasto immortalato, così da ottenere il definitivo ok. Qualche problema potrebbe emergere con soggetti che avevano mostrato piacere a figurare e che poi sono rimasti fuori dalla foto o tagliati a metà: rifare o non rifare?
2. Geolocalizzati? No, grazie
Il Garante sa che molti non amano far sapere dove sono durante le vacanze estive. La maggior parte di loro sono clienti affezionati di Federica Sciarelli che alimenta il suo Chi l’ha visto? attingendo proprio da questo bacino.
Sono quelli – tantissimi – che secondo tradizione mandano cartoline bianche agli amici, lasciando loro la possibilità di disegnare la località di maggior gradimento o semplicemente di immaginare qualunque posto esotico.
“Il suggerimento è disattivare le opzioni di geolocalizzazione di smartphone e tablet, oltre a quelle dei social network utilizzati”, anche per evitare che amici e colleghi “rosiconi” possano lanciare qualche sfiga epocale o banalmente determinare perturbazioni atmosferiche in grado di rovinare le vacanze.
In proposito, a volerci riallacciare con il paragrafo precedente, viene da aggiungere di evitare foto davanti a monumenti celebri o troppo facilmente riconoscibili. Una delle location preferite da chi ama disorientare i propri conoscenti è lo spazio antistante il supermercato Lidl della città visitate. Chi vede la foto non chiede dove si sono trascorse le ferie, ma si limita ad esclamare “pure lì?”.
3. I “social ladri” non vanno mai in vacanza
E’ la vecchia storia dei topi d’appartamento che – quando il gatto non c’è – ballano e lo fanno usando il vostro giradischi. Giustamente, il Garante suggerisce di non pubblicare informazioni sulle proprie vacanze perché “il pericolo aumenta se poi si scrive per quanto tempo si resterà in ferie o in quali giorni”. Bisogna quindi evitare che chi vuole svaligiare la casa lo faccia con maggiore cattiveria se animato dalla profonda invidia per il lungo periodo che la sua vittima trascorre in resort esclusivi in qualche paradiso caraibico.
Molti “ballisti”, soliti raccontare in Rete di crociere stupende mentre in realtà stavano rintanati in casa a serrande abbassate, hanno addirittura aiutato i predoni a portar via le cose più preziose a patto che non venisse divulgato online il segreto della loro permanenza in città.
(continua…)