Siamo appena sulla soglia. Se non sorge subito un vivace dibattito pubblico, siamo fritti per davvero questa volta.
Fioccano dichiarazioni, dati, rivendicazioni sul “governiamo da soli”, e tutti tacciono. Come se il “governare da soli” non costituisse una pretesa totalitaria. Soprattutto in Italia dove non esistono dei contrappesi consistenti. Come se il voto del 4 dicembre non avesse avuto il significato di rigetto di ogni pretesa autoritaria che è riconoscibile proprio nella sfacciata volontà di governare senza alcun laccio: ovvero potere assoluto, disprezzo delle minoranze e del pluralismo, svalorizzazione della mediazione politica. Abbiamo dei De Gaulle piccini piccini, che forse non hanno mai sentito neppure parlare del generale francese. A Bersaglio mobile Matteo Renzi lo ha detto chiaro e tondo (che poi sia una sua fantasia notturna dopo cospicue libagioni, è un’altra faccenda): vogliamo raggiungere il 40% «per governare da soli». Poi in Direzione del suo partito ha ribadito: «Non ho nostalgia dei tavoloni con dodici sigle di alleanze che si chiamavano l’Unione e pensavano a parlarsi male addosso. Con quel meccanismo l’Italia si è bloccata».
Non siamo sperticati ammiratori dell’Unione, tuttavia riteniamo che quell’eccesso non può assolutamente legittimare l’eccesso opposto. E certamente i “dodici partiti al governo” hanno fatto meno danni del Trio Toscano, chiuso in una stanza solo con la sua totale incompetenza e velleità. Renzi-Boschi-Lotti, se avessero avuto l’intelligenza di discutere e di farsi condizionare da qualcun altro, forse non avrebbero commesso tante bestialità. Certo, avrebbero incontrato maggiori ostacoli nella loro corsa demagogica verso il “nuovo” e il “futuro”, assolutamente identici al passato remoto. E il nostro paese non avrebbe perduto tanto tempo dietro i loro capricci.
Ma perché non c’è alcun opinion leader che contrapponga alle dichiarazioni di queste velleità totalitarie il valore del pluralismo? Perché non si grida che parole di questo tipo sono di particolare spudoratezza se pronunciate da capi che hanno il favore al massimo di un 12-13 per cento dei cittadini italiani? Perché la cultura italiana è narcotizzata e ha dimenticato persino le più elementari regolette liberali? Perché la stampa tace, acconsentendo?
Secondo caso. In questi giorni Nando Pagnoncelli sul Corriere ha pubblicato i risultati di un sondaggio sul M5s da cui si apprende che «tra i pentastellati… il 69% eviterebbe alleanze rimanendo all’opposizione, in subordine il 15% preferirebbe governare con i sovranisti. Il 9% con il Pd e il 4% con tutto il Centrodestra». Sottolineiamo che, di quel 31% che accetterebbe di “allearsi” pur di andare al governo, il 3% non si esprime e il 19% (larghissima maggioranza) tifa per i fascisti, gli improvvisati nazionalisti e i razzisti, semmai pure per i berlusconiani. Nessuna sorpresa perché, da tempo, di una accentuata opzione destrorsa del M5s abbiamo avuto conferme precise con dichiarazioni e scelte politiche nonché con quel ripetere che “non esistono più destra e sinistra”, mantra tipico di chi è davvero di destra. Si è arrivati persino al clerico-grillismo pur di acchiappare voti dappertutto). Pure gli espulsi o i fuoriusciti dal M5s preferibilmente si rifugiano su poltrone più o meno di destra. Ovviamente questa opzione del M5s è più che legittima. Affari loro, se inseguono Salvini. Se frazionano i voti dell’estrema destra va persino bene.
Invece è preoccupante per la democrazia del nostro paese quel 69% dei loro che non si vergogna di dichiarare d’avere come obiettivo il “governare da soli”. Certo, non è una novità. Anche all’inizio di questa dannata legislatura hanno preferito regalarci il Grande Inciucio di Napolitano e poi l’èra Renzi pur di non fare la scelta responsabile di condividere il potere e condizionare un governo. Anche adesso la loro opzione opportunistica di appoggiare la soluzione che basti il 40% per assicurarsi la maggioranza assoluta, cosa prevista dall’Italicum rottamato, non può piacere ai veri democratici, se ancora ci sono.