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Servizi, 007 e Facce da mostro per la strage nera - 6/8

A un quarto di secolo dal 19 luglio del 1992 sono quattro i processi celebrati per fare luce sull'assassinio del magistrato palermitano e dei cinque uomini della scorta. Eppure ancora oggi rimangono molteplici gli interrogativi che non hanno mai ricevuto una risposta: dalle modalità del depistaggio, a chi lo ha condotto, al motivo per cui sono state depistate le indagini. E poi la scomparsa dell'Agenda rossa, l'ipotesi sul coinvolgimento di soggetti esterni a Cosa nostra, l'accelerazione del progetto di morte eseguito solo 57 giorni dopo l'omicidio di Giovanni Falcone
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Servizi, 007 e Facce da mostro per la strage nera

Giovanni Aiello

Ad assegnare le indagini sulla strage di via d’Amelio al gruppo “Falcone-Borsellino”, guidato da La Barbera, fu un decreto urgente della presidenza del consiglio, su iniziativa del prefetto Luigi De Sena, che in quel momento dirigeva un dipartimento del Sisde e poi sarebbe diventato un senatore del Pd, prima di morire nel 2015. De Sena, tra l’altro è l’uomo che fa entrare nei servizi Emanuele Piazza (ex poliziotto scomparso nel nulla a Palermo nel marzo del 1990), su indicazione del suo autista, Vincenzo Di Blasi, poi condannato per favoreggiamento ai boss di Brancaccio. Il futuro senatore del Pd è anche l’uomo che “ingaggia” al Sisde La Barbera, collaboratore del servizio d’intelligence con lo pseudonimo Rutilius, attività durante la quale il poliziotto non produrrà neanche una relazione. Interrogato sul punto, De Sena non offrirà un contributo granché utile ai magistrati, non ricordando neanche le relazioni del Sisde che già il 13 agosto del 1992 individuavano i ladri della Fiat 126 poi trasformata in autobomba. Una sorta di marchio di fabbrica del depistaggio.

Era al vertice del Sisde all’epoca anche Bruno Contrada, più volte indicato come presente nei pressi di vai d’Amelio subito dopo la strage – notizie mai confermate – e di recente protagonista di una controversa sentenza della Cassazione, che ne ha annullato la condanna per concorso esterno a Cosa nostra. È stato a lungo collaboratore di Contrada, Lorenzo Narracci che dalla procura di Caltanissetta è stato indagato per più di cinque anni con l’accusa di concorso nella strage di via d’Amelio. Nel 2010 Spatuzza lo ha riconosciuto durante un confronto all’americana come l’uomo esterno a Cosa nostra presente nel garage di via Villasevaglios, dove la Fiat 126 rubata a Pietrina Valenti venne trasformata in autobomba da far brillare in via d’Amelio. “Non era un ragazzo, né un vecchio ­doveva avere 50 anni. Non l’avevo mai visto prima, né lo vidi dopo quella volta. Di certo non era di Cosa nostra. Ma non mi allarmò la presenza di quell’uomo perché se era lì era perché Giuseppe Graviano lo voleva”, ha raccontato il pentito di Brancaccio che non si è detto sicuro al 100 per 100 quando ha indicato Narracci. La posizione dello 007 è stata dunque archiviata nel 2016 mentre non si sa ad oggi chi sia quell’uomo indicato da Spatuzza: c’era davvero un uomo esterno alla mafia nella preparazione dell’autobomba che uccise Borsellino? E se sì, chi era? E che fine ha fatto? E con la strage di via d’Amelio, c’entra nulla – come sostiene il pentito di ‘ndrangheta, Nino Lo GiudiceGiovanni Aiello, alias Faccia da Mostro, l’ex poliziotto indagato da tre procure come killer al servizio di Cosa nostra ma con il tesserino dei servizi segreti in tasca?

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