Il gup di Bologna Alberto Gamberini ha stabilito che il fatto non sussiste per Pasquale Brescia, già imputato di Aemilia, e il suo legale Luigi Antonio Comberiati che consegnò la missiva il primo febbraio 2016. Brescia è stato però condannato a cinque mesi e 10 giorni per un’altra imputazione. Assolto invece l’ex autista del questore Domenico Mesiano, qui accusato di detenzione di munizioni da guerra. Due anni e 5 mesi per Giuseppe Giglio, ora collaboratore di giustizia
Assolti perché il fatto non sussiste. Secondo il gup del tribunale di Bologna Alberto Gamberini, la lettera inviata da Pasquale Brescia, già imputato del maxi-processo contro la ‘ndrangheta Aemilia, al Resto del Carlino e indirizzata al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi non conteneva minacce mafiose. Assolto anche il suo avvocato Luigi Antonio Comberiati che si incaricò di consegnare la lettera alla redazione reggiana del quotidiano. Brescia è stato però condannato a cinque mesi e 10 giorni per un’altra imputazione. Assolto invece l’ex autista del questore di Reggio Domenico Mesiano, qui accusato di detenzione di munizioni da guerra. Due anni e 5 mesi per Giuseppe Giglio, ora collaboratore di giustizia. Alla lettura della sentenza era presente per l’accusa il procuratore aggiunto vicario, Valter Giovannini.
La sentenza riguarda uno dei filoni dell’inchiesta di ‘ndrangheta Aemilia. La lettera risale al primo febbraio 2016 e conteneva alcune frasi che avevano portato l’esperto di mafia Enzo Ciconte a dichiarare, intervistato da ilfattoquotidiano.it, che si trattasse di “un messaggio mafioso”. “Solo dopo gli attacchi alla moglie difende i cutresi? Si dimetta, lei è intellettualmente disonesto”, scriveva Brescia. E poi ancora: “Si ricorda quali mani ha stretto durante la campagna elettorale e chi c’era al funerale dello suocero?”. “Si comportò diversamente Delrio che andò a denunciare la criminalizzazione mediatica dei cutresi”. Secondo il gup però, che ha assolto entrambi gli imputati, non si trattò di minacce mafiose. Per quella lettera il sindaco e la moglie Maria Rizzo furono messi sotto protezione “leggera”.
Per Brescia e Comberiati i pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi avevano chiesto rispettivamente tre anni e quattro mesi e un anno e quattro mesi. Giuseppe Giglio rispondeva di trasferimento fraudolento di valori, così come il fratello Giulio Giglio, difeso dall’avvocato Fausto Bruzzese e condannato a due anni e otto mesi per un’ipotesi e a quattro mesi per una seconda. Un anno e quattro mesi è la pena decisa per Giovanna Giglio, per cui è stato esclusa l’aggravante di aver agito per agevolare l’associazione ‘ndranghetistica emiliana, così come è stata esclusa per Sergio Lonetti, condannato a un anno, sei mesi e venti giorni. L’aggravante è stata esclusa anche a Brescia, condannato in riferimento a una rivelazione di segreto d’ufficio in concorso con un maresciallo dei Carabinieri, giudicato separatamente. Per tentata estorsione sono stati condannati a tre anni Pierino e Pasquale Vetere e Francesco Lerose e anche per loro è caduta l’aggravante mafiosa e sono stati assolti dall’accusa di usura. Giuseppe, Giovanna e Giulio Giglio e Sergio Lonetti sono stati condannati inoltre a risarcire i danni alla Regione Emilia Romagna, costituita parte civile, per 20mila euro e all’associazione Libera per 10mila euro