di Francesco Desogus 

Emanuela era una ragazza di Sestu (Cagliari). Nell’aula consiliare del Comune la sua foto sorridente e il crocifisso sono inamovibili. Emanuela non aspirava a diventare poliziotta, amava i bambini e la sua terra. Accettò la proposta della sorella Claudia, più grande di un anno e che considerava soprattutto un’amica, di unirsi al concorso. La accompagnò come se fosse una gita nel Continente.

Emanuela era brava e solo lei superò il concorso. Quando partì per la scuola di polizia di Trieste nel 1989, Sestu era ancora un paesone contadino appiccicato a Cagliari, undicimila abitanti, apprezzato per i suoi ortaggi, ma che offriva ben poco a chi, come lei, aveva un diploma delle magistrali in tasca. Gente tranquilla e semplice, dedita solo alla campagna e ai suoi ritmi lenti. Da allora nulla è cambiato, nonostante sia raddoppiata la popolazione.

Infatti, ha condiviso il medesimo destino dei centri che formano la “cinta urbana” di tanti capoluoghi italiani: una città dormitorio. Nella periferia sono sorti interi quartieri e villaggi lasciando in pace il nucleo storico, quello contadino e di Emanuela. Oggi rivivrebbe la stessa città, priva di un centro storico da decenni affogato nel disordine urbanistico: nessuna viabilità esterna, nessun parco cittadino, nessuna piazza degna di questo nome e ancora qualche strada con gli stessi rattoppi.

Forse si stupirebbe solo vedendo che hanno pericolosamente coperto il fiume che attraversa la cittadina, nel punto più stretto poi: tutto per farci un piccolo parcheggio e una piazzetta assolata non avendo altri spazi al centro. Basta qualche millimetro di più di pioggia e ancora oggi gli anziani si preoccupano. Nell’alluvione del 2008 ci fu un solo morto e tanti danni, in quella del 1946 una quarantina di vittime e un centinaio di case distrutte.

Sestu è fatta così e non c’entra il colore politico, perché destra e sinistra si alternano volentieri. Tuttavia, a pochi chilometri, nell’agro, oggi c’è la cittadella commerciale più estesa della Sardegna. Si attende il colosso svedese dei mobili per essere al completo. Tutto questo non porta grande profitto visto che l’imposizione fiscale comunale è tra le più basse dell’isola, per la gioia dei residenti e dei commercianti.

Oggi c’è Emanuela da commemorare, per il suo sacrificio, e non avremmo mai voluto che diventasse così la cittadina più illustre di Sestu. La corona di fiori, la messa col vescovo, le autorità. Alle 20 ci sarà una festa musicale, “JaManuela Festival”, con le immancabili bancarelle col torrone di Tonara, con semplicità.

Dopo il giuramento in Polizia del 1989, Emanuela fu subito assegnata a Palermo. Tra i primi compiti, proprio i piantonamenti a Sergio Mattarella, e oggi il destino, simbolicamente, li vuole nuovamente vicini su di una parete comunale.

Resta il ricordo del dolore dei genitori, che oggi non ci sono più. Pochi giorni dopo la strage di Capaci, fu assegnata alla sicurezza di Paolo Borsellino; quando la conobbe si stupì e scherzando le disse: “Mi dia la pistola che la proteggo io. Forse è meglio”. Emanuela provò a rincuorare la famiglia della sua partenza, perché il giudice doveva essere, per forza, il più protetto al mondo. Magari questo compito avrebbe poi favorito il riavvicinamento in Sardegna.

Sappiamo com’è andata e tante ombre sono ancora presenti. In uno dei primi rapporti degli inquirenti, all’indomani dell’attentato, si legge la sorpresa di un inquilino di via D’Amelio, vedendo che c’era una giovane ragazza tutta capelli biondi tra quelli della scorta, poi l’inferno. L’ammirazione resiste e non ti dimentichiamo.

Ciao Emanuela.

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