La donna ha lavorato per il movimento di Silvio Berlusconi dal 1995 fino al licenziamento collettivo del 2016. Aspetta Trf, ferie non godute e indennità sostitutiva. Lo scorso aprile ha ottenuto dal tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti di Fi, ma il movimento dell'ex Cavaliere, oberato da 100 milioni di debiti, non versa il dovuto
Spiccioli rispetto alle somme che Silvio Berlusconi ha elargito negli anni a più di una donna, vedi Ruby e Olgettine. Generosità del presidente, che la sua Forza Italia si guarda bene dall’usare verso una ex dipendente del partito. Anzi, a lei non le versano nemmeno i 20mila euro che le devono da più di un anno, tra Tfr, ferie arretrate e indennità sostitutiva del preavviso non rispettato quando l’hanno licenziata. Eppure la signora era una dipendente storica di Forza Italia, al lavoro nella sede milanese sin dal luglio del 1995, l’anno dopo la discesa in campo dell’ex Cavaliere.
Più di vent’anni passati a lavorare prima per gli affari generali del partito, come la gestione degli acquisti e le trasferte. Per poi passare alla tesoreria lombarda, e infine alla segreteria del coordinamento milanese del partito. Fino al licenziamento collettivo che a febbraio 2016 si è abbattuto su di lei e su più di un collega, conseguenza del dissesto in cui i conti sono precipitati soprattutto da quando sono stati aboliti i contributi pubblici ai partiti.
E visto che dopo più di un anno la ex dipendente non aveva ancora ricevuto da Forza Italia i ventimila euro che le spettano di diritto, con l’assistenza dell’avvocato Valentino Imberti lo scorso aprile ha ottenuto dal tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti del partito. Il movimento fondato da Berlusconi non ha presentato alcun ricorso, ma in questi mesi nemmeno s’è sognato di fare avere alla ex dipendente quanto le è dovuto. Intanto il debito verso di lei dai 19.900 euro originari, tra rivalutazione, interessi e spese è già salito a quasi 22mila. Ma dal partito, anziché i soldi, silenzio.
Del resto le casse sono vuote. Lo ha denunciato Berlusconi in persona qualche mese fa, quando se l’è presa con i parlamentari e i consiglieri regionali che non versano al partito le quote dovute per statuto: per i primi 25mila euro per la candidatura, mille euro all’anno di adesione e 800 euro al mese di contributo (500 al mese per i secondi). Ma la minaccia di non ricandidare i politici morosi non è servita praticamente a nulla, tanto che ad aprile è toccato ad Alfredo Messina, senatore e tesoriere di Forza Italia, ribadire il concetto in una lettera inviata ai cattivi pagatori: “Mi permetterete di chiedere a coloro che si trovano in posizione di insolvenza se siano consapevoli che il movimento rischia la paralisi”. Non che il dissesto sia solo colpa loro, visto che parlamentari e consiglieri regionali devono circa 2 milioni di euro, mentre il partito in tutto ha 100 milioni di debiti, 91 dei quali verso lo stesso Berlusconi. Ma intanto i politici non danno quello che devono. E la signora ex dipendente rimane a bocca asciutta.
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