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Più che guardare solo ai ladri sarebbe utile chiedersi perché i poliziotti non muovono un dito. E’ la metafora utile, con un non troppo velato riferimento all’Ue, per ricordare il 43esimo anniversario dell’invasione turca di Cipro. Quando, in risposta a un tentativo di colpo di stato ellenico sull’isola, 50mila militari turchi, sotto una fantomatica “missione di pace”, hanno prima bombardato la parte settentrionale dell’isola e poi costretto 200mila ciprioti a fuggire delle proprie abitazioni dove non hanno più fatto ritorno.
I militari di Ankara, inoltre, in questi otto lustri hanno provveduto a cancellare l’intero patrimonio storico-religioso-culturale della Katekomena, eliminando fisicamente i luoghi di culto non musulmani, come il cimitero di Tersìa devastato dai carri armati o le numerose chiese di rito ortodosso, greco-romano, maronita, che sono nel tempo state trasformate in bordelli, stalle, resort nello spregio più totale. Tutte queste azioni sono state documentate nel libro fotografico del prof. Chalambos Chotzakoglou, bizantinista alla Hellenic Open University di Atene.
Sull’argomento, conversando su Radio3 Mondo, ho raccontato lo stato dei fatti all’indomani del fallimento dell’ennesimo vertice per la riunificazione, mentre il regime di Erdogan continua nelle quotidiane provocazioni inviando a largo di Cipro la nave oceanografica Barbaras, al solo scopo di disturbare i rilievi posti in essere nella zona economica esclusiva (ZEE) dall’italiana Eni e dai francesi di Total.
Ciò che lascia ancora una volta perplessi è una netta ignoranza dei fatti che ancora alberga in Italia. Numerosi sono quelli che parlano ancora di “isola divisa” mentre i fatti ci dicono che l’isola è stata occupata e sfruttata, con pezzi della zona turco-cipriota che gli invasori hanno venduto ad aziende straniere per realizzare alberghi e strutture turistiche.
Chi rimborserà i ciprioti, cittadini membri dell’Unione, di questo scempio sotterraneo?
Ancora, nessuno menziona i 200mila ciprioti nei cui confronti la Turchia ha avanzato una vera e propria pulizia etnica in quel 1974, così come fatto in precedenza con Armeni, Curdi, Ponti. C’è chi ancora derubrica la tragedia della Mikrì Asìa, quando migliaia di Greci furono uccisi e cacciati da Smirne, con un semplicistico scambio di popolazioni tra Turchia e Grecia. Quando nel 2004 i ciprioti furono chiamati a decidere sul piano Annan di possibile riunificazione con un referendum, votarono no perché dietro quel piano si materializzarono numerose ombre. La cronaca di allora riporta lo scandalo relativo a un’isola donata presumibilmente al figlio di Kofi Annan, su cui però nulla più si è saputo. Inoltre il piano era manifestamente a favore dei turchi, con un trasferimento di ricchezza e risorse dal lato greco a quello turco. Nel maggio 2004 Cipro è entrata nell’Ue, anche se in concreto ciò si applica soltanto alla parte del sud dell’Isola.
Secondo quel piano era previsto un governo federale, ma risultò privo della sintonia istituzionale con leggi comunitarie, convenzioni europee, Diritti umani e risoluzioni dell’ONU. Esso fonda la sua base attuativa sull’art. 49 del Trattato di Amsterdam, circa la libera circolazione dei popoli in Europa, salvo poi nella veste pratica escluderne la concreta applicazione. Al suo interno è possibile rinvenire una miriade di interpretazioni, quasi ci trovassimo in fitti cunicoli sotterranei, ad esempio una serie di restrizioni nella libertà di movimento e di acquisto di immobili e proprietà nella zona turco-cipriota da parte dei greco-ciprioti. Di contro un cittadino europeo potrebbe acquistare liberamente nella zona turco-cipriota. Il che non offre il destro a un’analisi quantomeno serena.
Riguardo all’acquisizione di immobili, il piano Annan si è caratterizzato per una politica alquanto restrittiva e inapplicabile a causa di alcuni vizi di forma a sfavore dei greco-ciprioti. Un esempio pratico è rappresentato dal fatto che i rifugiati più anziani potevano tornare alle loro case (ma non fu specificato se possono acquistarle nuovamente) per i primi tre anni in percentuale del 3%. Ogni anno i rientri sarebbero aumentati dell’1% con un’ interruzione dopo i primi 20 anni. Questi rifugiati non avrebbero potuto comunque superare il 24% della popolazione della parte turca.
Per quanto riguarda poi la difesa dell’isola era contemplata un’azione di completa smilitarizzazione, mentre sarebbe stato mantenuto un consistente esercito turco-cipriota fino a data da stabilire e garante della sicurezza dell’isola Annan avrebbe voluto incaricare proprio la Turchia, che non è neanche membro dell’Ue. Fisiologico che i grecociprioti abbiano detto no. Assurdo, ma ancora oggi l’Ue fa spallucce su sangue versato e denaro incassato.
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