La telefonata mi è arrivata la sera tardi. Era importante che qualcuno dell’associazione Giulia, la rete delle Giornaliste unite, libere e indipendenti, fosse presente al parco di Latina per la cerimonia di intitolazione ai giudici Falcone Borsellino (senza congiunzione) da parte della presidente della Camera Laura Boldrini. Insomma, devo andare. Con qualche timore, avendo letto quello che si stava preparando nei giorni precedenti, ho raggiunto i giardini passando dalla parte laterale, quella dei giochi. Pensavo fosse vuota, invece i bambini andavano avanti e indietro sulle altalene e le madri li osservavano sedute sulle panchine. Come sempre. Come tutti i giorni. Tutto tranquillo, ho pensato. Anche i poliziotti a guardia dei varchi non mostravano particolare preoccupazione. Che dire? La temuta e violenta contestazione annunciata da più parti, evidentemente non li preoccupava più di tanto.
L’inaugurazione stava andando in scena secondo programma. All’accesso principale gruppi di Casapound che indossavano la stessa maglietta, venivano tenuti fuori dai poliziotti e dentro crocchi di persone aspettavano l’arrivo degli ospiti. Due mondi divisi e tenuti a distanza. Fino a quando è arrivata lei, Laura Boldrini. Solo allora si sono levate grida di dissenso e urla. Un nutrito gruppo di persone, riuscito a penetrare nel giardino, lanciava invettive nei confronti della presidente della Camera e del nuovo sindaco civico Damiano Coletta, fischiando la cerimonia dall’inizio alla fine: dalla deposizione delle corone davanti al monumento ai Caduti passando per il Silenzio del trombettista finanche all’Inno nazionale. I discorsi dei relatori sono stati intercalati dall’inneggiare: “Duce, duce, duce”. E tanti saluti romani. Un signore anziano ha ripetuto per tutto il tempo: “Ti ho votato, mi hai tradito, giuda, giuda!“. Il traditore in questione sarebbe il nuovo sindaco Coletta, portato alla vittoria al ballottaggio grazie ai voti di tantissima destra. Chi l’ha votato, l’ha fatto per mandare a casa l’altra destra, quella accusata di essere affarista e collusa.
Tradito? E perché? Questa è un’operazione di legalità. “Partiamo dai valori di democrazia e libertà. Valori che sono garantiti dalla legalità. Valori che i partigiani hanno saputo difendere, sacrificando la loro vita per liberarci dalla dittatura nazifascista – dice Coletta con voce alta e forte e con un timbro deciso e risoluto – E questa mia affermazione non è figlia di una contrapposizione ideologica, ma della nostra Costituzione, scritta dai nostri padri nel ’48, ma oggi sempre più moderna. E’ figlia della Resistenza che ricordiamo ogni anno il 25 aprile e che quest’anno ha visto per la prima volta presente pubblicamente il sindaco di Latina. Rispetto le opinioni diverse e rispetto la storia della nostra città, ma in questo momento bisogna uscire da certi equivoci, bisogna dare ordine e coerenza ai fatti e alle persone che realmente hanno fatto la storia. Chiariamolo una volta per tutte e in maniera definitiva: in questa vicenda non c’è nessuna volontà divisoria, nessuna negazione della storia, nessun abbattimento di monumenti, ma semplicemente la volontà di unire ed affermare i valori della legalità attraverso un pezzo di storia recente in cui tutti ci identifichiamo. Chi non ha capito questo, non ha capito nulla”. Gli fa eco Laura Boldrini che, nel ricordare l’impegno dei giudici nella lotta alla mafia, ha sottolineato che si possono raggiungere buoni risultati solo con i sequestri e il blocco dei patrimoni: “Perché solo colpendo i soldi dei boss con espropri e confische si può raggiungere qualche obiettivo concreto”.
Cosa c’è da contestare di fronte a queste parole? Il modo in cui è stato fatto il tutto? Certo qualcosa non è andata per il verso giusto. Ma conta il coraggio della scelta. Qualcuno lo ammette su Facebook: “Venire nella roccaforte della destra a dire quelle cose, devo dire che di coraggio non gliene manca, a nessuno dei due”. Questo coraggio però non va letto come un affronto alla città. Anzi. Molti non vogliono vedere che quelli che sono stati messi all’angolo ne stanno approfittando per riconquistarsi uno spazio. Vogliono tornare a fare affari, a rischio anche di far precipitare di nuovo questa città negli anni bui, quando fascisti e comunisti se le davano di santa ragione. Li ricordo bene i picchetti dei fascisti – che dopo un po’ di anni hanno indossato il “doppiopetto” della politica che conta – sotto il liceo a minacciare gli studenti di sinistra. Vogliamo tornare davvero a quei tempi o non lottare insieme perché questa città maturi, lasciandoci alla spalle divisioni e contrasti? Sempre che non si voglia far tornare quei discutibili personaggi che hanno approfittato di noi e della nostra buona fede, amministrando la “cosa” pubblica a loro piacimento, così come oggi tanti documenti disseppelliti ci dimostrano con grande evidenza. Negare tutto ciò, sarebbe da suicidi. Ma si sa, la memoria è sempre corta.